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Aggiornato: 11 maggio 2025
Lentamente l'Ercolano si riaddossò ai cuscini e vi affondò il capo. Sulla sua pallida faccia passò un'ombra di tedio e di stanchezza. Dunque si resta intese disse la suora Domani non si va via. E le porterò le ciliege, domani. La rossa aveva chiuso gli occhi. Pareva assopita. La suora si chinò sopra di lei e le mormorò: Arrivederci, non è vero? Arrivederci... balbettò la convalescente.
La suora immaginò che pregasse. Si intenerì. Stese la mano, dopo un poco, e lievemente glie la posò sulla spalla. A che pensa? Penso mormorò l'Ercolano al sogno che ho fatto stanotte. Ho sognato delle ciliege. E mi pareva di averne pieno il grembiale e di mangiarne tante, tante!... Ciliege? Le adoro. S'era fatta lieta. Si dimenticava.
Un giovanotto piccolo, bruno, col cappello di feltro molle su gli occhi, ronzava da un pezzo attorno al letto della rossa. Ed era adesso così intento a contemplare l'Ercolano, così conquistato da quella dolce immobilit
E come l'Ercolano lasciava penzolare fuori del letto un braccio ella glie lo sollevò, dolcemente, e lo ripose sulle coltri. La rossa aperse gli occhi e sorrise. Quel povero braccio! disse la suora Il braccio malato! E lei se lo lascia cascar giù fuori dal letto! È guarito. Ah, sì? Come andiamo dunque? Bene?
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