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Aggiornato: 23 maggio 2025
Aggiunge l'Urfè non essere costume del Gran Signore de' Turchi l'entrare in battaglia, salvo il caso che v'abbia pericolo d'una grande sconfitta; e che perciò non doveva il Poeta far combattere Ottomano in uno scontro, dove non era periglio sì grande. Parmi che il censore sia troppo severo: a' poeti si debbono dare consigli e precetti, non porre le pastoje.
Ma l'Urfé propone un'altra censura, che risguarda alla moralit
Facendosi a descrivere l'esercito de' Turchi invoca la Musa; di che si sdegna l'Urfé, quasi che il poeta volesse immortaliser les Turcs. Non merita risposta.
Ciò non è possibile, dice l'Urfè, per non avere il Demonio cotal possanza; e se il Poeta intendeva imitare Omero, dovea ricordare che nel Greco sono Dei che fanno di sì fatti portenti, non sono demoni. Ma secondo la volgar credenza sull'arte magica, uno spirito infernale poteva operare cose troppo maggiori che non è il deviare una saetta dalla mira cui l'indirizza l'arciere.
Ma, soggiunge l'Urfè: il Demonio che inventò l'artifìzio di far morire una Vergine vittima agli Dei, era molto ignorante, non sapendo che i Turchi adorano un solo Dio, e non fanno sagrifizj agli Spiriti infernali. Questa osservazione non è da porsi in dispregio.
L'Angelo nel suo primo favellare ad Amedeo, ha tutte le apparenze d'un uomo; e nondimeno il Duca gli dice: Vivi mortale, od immortal....? Se m'appari celeste, ecco io t'adoro. Quì starei con l'Urfé, e mei perdoni il Poeta. 6. «Les Turcs se razent tous la teste, et ne portent jamais cheveux.» Dunque errò il Poeta e in questo canto 1.º e ne' seguenti, dando capigliatura ai Turchi.
E perciò, tralasciando quelle cose che l'Urfè vorrebbe nel poema, che sono consigli non critiche, dirò di due difetti da lui notati in quest'ultimo canto. Nella St. 6. dice il Batista ad Amedeo: L'armi ch'avesti tu dal ciel superno Io porterolle a le magion divine, E l
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