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E, se questo è effetto del commercio, come lo è certamente, qual è la sua origine? Io per me considero che l'autoritá de' principi, qualunque volta ella si contrappone alla forza de' popoli, non è giá di gran lunga cosí grande come ella sembra.

E quanto a quello che ho detto: che prima fa di bisogno sapere la cagione perché sia stato introdotto l'uso del danaro, dico che Aristotile, padre e fondatore delle umane scienze, in quei capitoli dell'Etica e della Politica giá dall'autore citati, in questo modo diffinisce: «L'uso del danaro essere stato introdotto dagli uomini per necessitá e sotto ordine di legge, affinché fosse mezzano per poter fare piú agevolmente le uguali permutazioni e commutazioni in quelle cose che a ciascuno facessero di bisogno, ed anche acciocché fosse una pubblica e comune misura a tutti per poter fare tali contratti giustamente, e che ne' pagamenti ciascuno, in qualunque paese che si trovasse, potesse intieramente conseguire ogni sua ereditá, fosse per qualsivoglia causa creata». Ma, perché in tutte le zecche vengono cavate le fatture dal corpo delle monete, ed ancora per essere fatte sotto ordini diversi da cittá a cittá e da provincia a provincia, onde ne procede che di tempo in tempo, ed anco quasi di continuo, vengono alterati i prezzi dell'oro e dell'argento, per lo che sono poi fuse e rifatte le monete da paesi a paesi; però il danaro non può essere la detta pubblica misura, perciocché, per le differenze che si trovano tra le monete fatte e coniate sotto l'autoritá di un principe a quelle di un altro, il piú delle volte da molti popoli vengono ricusate, ora per li bandi sopra esse fatti ed ora perché non le vogliono accettare, dubitando di non poterle poi spendere in altri paesi se non con gran perdita, ed anche perché non le tengono per cosí buone come quelle ch'essi sono soliti di spendere nelle loro cittá o patrie.

Compose ancora questo egregio autore nella venuta d'Arrigo settimo imperadore un libro in latina prosa, nel quale, in tre libri distinto, prova a bene esser del mondo dovere essere imperadore, e che Roma di ragione il titolo dello imperio possiede, e ultimamente che l'autoritá dello 'mperio procede da Dio senza alcun mezzo.

Nel secondo, per argomenti istoriografi procedendo, mostra Roma di ragione ottenere il titolo dello imperio; ch'è la seconda quistione. Nel terzo, per argomenti teologi pruova l'autoritá dello 'mperio immediatamente procedere da Dio, e non mediante alcuno suo vicario, come li cherici pare che vogliano; ch'è la terza quistione.

Ora egli è per accidente che l'oro ed il rame anch'essi concorrano all'officio dell'argento, servendo di moneta: ed in quel modo che, a misurare una distanza, posso valermi del braccio da seta, del piede, de' passi, canne e di tant'altre misure fra loro discordi; cosí, a misurare il valore delle cose o la stima che ne fanno i nostri disidèri, avviene di valersi ora dell'oro, or dell'argento, ora del rame o d'altra materia, che l'uso e l'autoritá del principe autorizzano per moneta.