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Aggiornato: 11 giugno 2025
Che cosa vi sentite? Niente. La prego di esaminarmi. Il celebre professore al quale mi rivolgevo era famoso per la ruvidezza dei suoi modi; lo avevo scelto appunto per questo. Mi avvolse con una larga occhiata indagatrice, scosse la folta capellatura grigia un po' in disordine, e cominciò a interrogarmi intorno ai miei genitori, alla mia fanciullezza, al genere di vita e di studi da me fatti.
Cosa c'è? diss'ella, Niente risposi. No, c'è qualche cosa, dimmi cosa c'è. Ella mi aveva veduto in viso un lampo di sorpresa e di collera e non voleva credermi. Non eravamo soli, quindi non poteva interrogarmi con l'impeto che aveva in cuore; mi stringeva il braccio e mi ripeteva piano, in inglese: Dimmi, dimmi.
E cominciò a incensare la Spagna, il paese, secondo lui, più romanzesco di Europa; e a interrogarmi intorno ai nostri scrittori contemporanei dei quali non conosceva neppure un rigo. La serata trascorse in un soffio, e pareva che pei discepoli fosse rotto l'incanto; si agitavano e parlavano, giacchè in quella sala del trono vera sala d'inquisizione poetica! soltanto un incidente casuale, come la presenza di uno straniero, poteva recare l'animazione della controversia e rompere il gelo del rispetto quasi jeratico. Alle dodici, Vittor Hugo mi congedò. Mi regalò il suo ritratto e quello dei suoi nipotini, col suo autografo, e mi baciò in fronte; costume francese, che se in altra occasione, a me spagnuola, sarebbe parso dì cattivo gusto, ora mi riuscì commovente in persona di quell'ottagenario gi
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