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Aggiornato: 4 maggio 2025


Nel giorno seguente a quello in cui ebbe luogo l'esecuzione, don Omobono, incantucciato fra due pilastri di un palazzo in piazza del Gesù, guardava a bocca spalancata una finestra del primo piano, nella casa dirimpetto: aveva saputo appunto allora, nella sagrestia del Gesù, che stava per morire un ricco signore, pel cui funerale si sarebbero dette delle messe da uno scudo l'una per lo meno, ed egli gi

E come uno scolaretto che si propone di far festa, dichiarava che per quella mattina non voleva saperne di libri: di giornate autunnali splendide come quella non se ne sarebbero forse avute più: e pensava di recarsi a Collalto per fare una sorpresa "a quell'orso del conte Nardin" ch'egli troverebbe, neanche a dirlo, incantucciato chi sa da quante ore nel casottino dell'uccellanda godendosela a vedere il lungo armeggiare dei passeri e dei tordi, che volando e rivolando, come presaghi della propria sorte, finivano per rimanere impigliati nelle sue reti.

Tutti questi particolari mi vennero narrati in seguito; non ne sapeva nulla quando lo vidi per la prima volta. Parlo di varj anni fa. Dall'Italia io aveva fatta una corsa a Parigi e me ne tornava in Italia. Eravamo sul Cenisio; era notte, ed io dormiva tranquillamente nel mio posto d'angolo del coupé della diligenza. Degli altri due posti uno solo era occupato, quello dell'altro angolo naturalmente, da un uomo che vi stava incantucciato e tutto chiuso in un mantello che lasciava solo vedere gli occhi. Svegliandomi di tratto in tratto, avevo osservato ch'egli non dormiva, ma non mi era stato possibile vedere la sua fisonomia. Al comparire del giorno egli lasciò cadere il mantello, e il primo albore illuminando la sua faccia pallida riconobbi Arnoldo D., al quale non ero mai stato presentato, ma che aveva molte volte incontrato qua e l

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