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Aggiornato: 20 giugno 2025
Tutti gli uomini validi, poi, diretti dal comandante del battaglione di fanteria e da varii ufficiali del genio, venuti pure dall'esercito borbonico, organizzaronsi indietro d'Isernia verso Taliverna, Venafro ed i monti che costeggiano la strada a settentrione. Tale sistema di difesa ed offesa era degno d'una causa migliore.
A Calatafimi il generale Landi disponeva di 8 mila uomini di ogni arma; cavalleria, artiglieria, fanteria e cacciatori. Garibaldi aveva il comando di appena 1600 uomini con cattivi fucili, meno le 100 carabine, che erano in mano ai genovesi; e dei 1600 uomini non tutti entrarono in battaglia. Il nemico era postato sopra una collina, la quale chiamasi il pianto dei Romani.
La mattina uscimmo quattro o cinque insieme, accompagnati da un interprete, e scortati da dieci soldati di fanteria, uno dei quali aveva ancora i bottoni coll'effigie della Regina Vittoria, poichè molte di quelle divise rosse son prese usate a Gibilterra dai soldati dell'esercito inglese.
Il Re in quel giorno superò tutti in valore e corse gravissimo pericolo; intollerante d'indugi aveva precorso la fanteria con la sola scorta di un drappello di carabinieri.
Il corpo di battaglia componevasi di due brigate composte del reggimento dei Bersaglieri Lombardi, di un battaglione del primo fanteria, del secondo e quinto reggimento, della Legione romana, di due squadroni di dragoni e sei pezzi d'artiglieria; circa seimila uomini; e lo capitanava il generale Garibaldi in persona, colonnello Milbitz capo dello Stato Maggiore.
Ma le più micidiali fra tutte le macchine da guerra erano i così detti carri falcati, che la Scrittura distingue in due specie: gli uni servivano solamente per condurre i principi o generali; gli altri armati di ferro si spingevano contro la fanteria e menavano grande strage.
I borbonici avanzavano su tre colonne; un battaglione di cacciatori pei vigneti a destra e a sinistra; uno squadrone di cavalleria appoggiato da un corpo di fanteria e da artiglieria, al centro della strada. Garibaldi sceso dal suo osservatorio non fece un passo per muovere loro contro; ma li aspettò di piè fermo.
Il fratello maggiore, Giovanni, era morto nel 1866, a Custoza, caporale nel 65.° regg. fanteria; mia sorella s'era maritata, ed era la maggiore; e quindi continuavano le strettezze. Guadagnavo qualche soldo facendo i cómpiti a qualche compagno, e vendendo giornali, specialmente nelle vacanze. Nel 71, benchè fossi sempre il primo della classe, eravamo ancora al bivio.
Le medesime cautele vigevano per la fornitura delle buffetterie e dei cuoî necessari per esse: incrociature, taschi, pendoni, o centurini da sciabole, baionette, palossi e palossetti, che erano pure somministrati dall'industria privata e più precisamente dai fratelli Zaghis di Treviso. I reggimenti di fanteria italiana alla caduta della Serenissima erano in numero di 18.
Chi scrive trovavasi a cavallo col suo fedele Aguilan nella strada incassata tra le linee nostre di fanteria e la poca gente a cavallo. La corsa dei Repubblicani sembrò ad esso poco dignitosa, ed egli assieme al suo valoroso assistente attraversarono i cavalli in corsa per fermare i fuggiaschi. Imprudenza che quasi gli costò la vita, e quella del suo compagno.
Parola Del Giorno
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