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Aggiornato: 12 giugno 2025
Insieme con le ceste di vimini, che erano confidate alle cure dei due interpetri, gli ambasciatori dell’almirante portavano un carico meno pesante, ma egualmente voluminoso, di utili notizie, raccolte a fatica, e forse non tutte dirittamente intese, sulle condizioni dei luoghi. Sapevano, per esempio, che in quell’isola, detta di Cuba, erano molti i villaggi, ognuno col suo re, detto cacìco; potevano riferire con certezza all’almirante che quei villaggi erano tutti, dal più al meno, come quello di Bohio, e che non era a sperare di trovarci il gran Cane, nè il Prete Janni, nè altri segni di dominio orientale, nè perle, nè oro, nè spezierie. Queste ricchezze, per altro, dovevano ritrovarsi a staia, molto più lungi di l
Venivano giù per le stradette colle corbe piene di frutta, colle ceste del pollame, col fascio di fieno, colla sacca infarinata.
L’Egitto adorava Iside, il cui culto misterioso ricordava con una folla di allegorie la parte che rappresenta la donna o la natura feminile nell’universo. In quanto al suo sposo Osiride, era l’emblema della natura feminile. Il Bue e la Vacca erano dunque i simboli di Osiride e di Iside; i sacerdoti e le sacerdotesse portavano nelle cerimonie il Van mistico che riceveva il grano e la crusca, ma che conservava il primo rigettando il secondo; i sacerdoti portavano ancora il Tau sacro, o la chiave che apriva le serrature meglio custodite. Vi erano ancora l’occhio, con o senza sopracciglie, che si situava accanto al Tau negli attributi di Osiride, per simulare i rapporti dei due sessi. Alle processioni di Iside, le ragazze consacrate reggevano il Cyste mistico, ceste di giunchi contenenti dolciumi ovali e bucati nel mezzo, simili a ciambelle; accanto ad esse una sacerdotessa nascondeva nel seno un’urna di oro, nella quale era conservato il Phallus, definito da Apollo: «L’adorabile immagine della divinit
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