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Aggiornato: 29 maggio 2025


Venuto è qui per ritrovarla amica, avere incarco e viver con onore, raccomandato alla mia debolezza, che, qual è, sempre a ristorar fu avvezza. Angelin di Bordea, ch'era custode del sigillo reale, è al ciel salito. Chi può aver quell'incarco, molto gode. Il parlamento de' porlo a partito.

Era Angelin di Bordea generoso e non aveva al risparmio pensiere, del mal compassionevole, amoroso verso a' pitocchi ed elemosiniere. In capo all'anno era pur timoroso rimanesse un ducato nel forziere: tutta l'entrata dell'anno volea che fosse spesa, e mangiava e godea.

Era Angelin d'una statura grande, e grosso e molto greve nella pancia, magno conoscitor delle vivande, che le gustava sudando la guancia, e in tavola voleva altro che ghiande; anzi dicea tutta quanta la Francia, parlando di chi fa mensa piú buona: Angelin di Bordea porta corona.

Bevendo alla bottega il cioccolato nella contrada di San Pietro, un giorno apoplettico cadde, e scilinguato rimase tosto e mai fece ritorno. I chirurghi e i dottor coll'ammalato lor salassi ed emetici provorno: Angelin di Bordea si stese morto, e cosí diede a que' dottori il torto. Molti discorsi fece la plebaglia, se fosse salvo o dannato Angelino.

Il paladin, che aveva messe l'ale all'improvviso, ascoltator dabbene, nella bottega, come si dicea, direm ch'egli era Angelin di Bordea, custode in corte del regio sigillo. Una carica grande e di gran frutto: ventimila ducati, posso dillo, ella rendeva con gl'incerti e tutto.

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