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Aggiornato: 3 giugno 2025
Oh! quando fiano i lor desiri immoti E in un confuso il duplice lamento E l'ineffabil gaudio? Quanti tramonti ancora e quante aurore, Quanti voli da questo a quel pianeta, Oh! quanti secoli Dovran fuggire pria che il dì d'amore Sorga a riunire il giovane poeta Alla sua dama pallida?
Non pittore traversò la campagna romana senza rapire a questo cielo qualche tinta azzurra e di oro per trasportarla sopra i suoi quadri, che indi furono divini. Dacchè Dio volle che l'aere di questo sepolcro si mantenga glorioso, e magnifiche sieno le aurore, e stupendi i crepuscoli.
Scherza col vuoto, provoca l’abisso De le pupille assorte Col nero guardo ammalïante e fisso Vince periglio e morte. Non forse par che la sua chioma avvampi, E che nel fulvo ardore Tutti chiuda in un fascio i raggi, i lampi De le tropiche aurore?... Sotto la breve tunica stellata In guizzi sapïenti Snodasi l’esil forma delicata, Che dai primi dolenti
Aprile, il giovinetto uccellatore, a cui nitido il fiore de le chiome pe' belli omeri cade, ne 'l cavo de la man, come un pastore, in su le prime aurore ha bevuto le gelide rugiade. Aprile, il giovinetto trovadore, su le canne sonore dice l'augurio a le nascenti biade: i solchi irrigui fuman ne 'l tepore, un non so che tremore le verdi cime de la messe invade. Ecco la Bella! Ecco Isotta la blonda!
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