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Aggiornato: 17 maggio 2025
Così mentre le vittorie di Solferino e di S. Martino ci dovevano schiudere i varchi all'Adige ed all'agognata conquista del Veneto, inattesa e dolorosa come una catastrofe giungeva la notizia della pace di Villafranca, che tale ormai poteva chiamarsi. L'Italia, prima i garibaldini, accolse con vivo dolore la fatale notizia che troncava d'un colpo le più belle speranze.
Non so se la pace all'Adige entrasse mai positivamente nei disegni del re o dacchè, com'oggi in Torino son due governi, così erano allora nel campo d'altri per lui. Ma credo certo che quel fantasma, evocato sin da principio astutamente dall'Austria, operasse quasi fascino sull'animo suo, e contribuisse alle lentezze e al mal esito della guerra. A qualunque guardi, con occhio quanto più vuolsi indulgente, all'insieme e alle fazioni di quella malaugurata campagna all'abbandono deliberato d'ogni impresa in Tirolo e agli sbocchi dell'Alpi al sagrificio del Veneto alla decisione di non muover guerra a Trieste e sul mare alla negligenza d'ogni tentativo per sommover l'Illirico e per collegare la causa d'Italia coll'altre cause nazionali che s'agitavano nell'impero all'inazione sistematica dell'esercito prima della resa di Peschiera, unico trionfo dei regi, e dopo, fino a quasi la met
Se non che per ridurre il popolo ad accettare una pace all'Adige non era forse che un'unica via: porgli il pugnale del nemico alla gola, conchiuderla coll'Austriaco alle porte di Milano. E giunto una volta alle porte di Milano, l'Austriaco avrebbe, schernendo, lacerato ogni patto segreto in viso al patteggiatore.
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