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R. Sanchez e molti con esso; l. 7, disp. 97, n. 13, affermano ciò essere lecito, e si adoperano nella seguente maniera a provare il loro asserto: Quelli che contrassero matrimonio con tale impotenza, possono abitare assieme come fratello e sorella, escluso che sia ogni pericolo di peccato; dunque, a pari motivo, se ragionevolmente essi non temono un tale pericolo, possono, anche colla consapevolezza della impotenza, contrarre matrimonio coll'intendimento di aiutarsi mutuamente.

Così Sanchez l. 9, disp. 17, n. 4, S. Liguori l. 6, n. 916, e molti altri da essi citati.

Ora, l'atto coniugale è in stesso onesto: il calmare la concupiscenza per evitare la incontinenza, è uno scopo pure onesto dunque, ecc. Così S. Antonino ed Aludanus, Soto, Silvestro, S. Liguori, l. 6, n. 882, e molti altri citati da S. Liguori e da Sanchez l. 9, disp. 9, num. 3.

Da ciò risulta: 1. non c'è obbligo di rendere il debito al marito, affetto da morbo contagioso, per esempio da male venereo, peste, lebbra, ecc. Alessandro III, però dice, che deve rendersi il debito coniugale ad un lebbroso ma Sanchez, l. 9, disp. 24, n. 17. S Lig. l. 6, n. 930, e molti altri dippoi insegnano che quelle parole si riferiscono al caso in cui non ci fosse probabilit

Sanchez l. 9, disp. 22, n. 6, e molti teologi da esso citati insegnano che non vi ha colpa, nemmeno veniale, nel richiedere il debito coniugale durante la gravidanza, imperocchè, non richiedendolo, sarebbe come sottostare ad una quasi continua astinenza dall'atto coniugale, e il matrimonio in allora, che fu istituito come un rimedio contro la concupiscenza, non servirebbe che ad irritare, non a calmare la libidine; sarebbe un inganno. Tuttavia S. Liguori l. 6. n. 924, con molti altri limita questa facolt

IV. Sanchez, l. 9. disp 44, n. 15 e molti citati da esso dicono che un conjuge il quale, nell'assenza dell'altro, si tocchi o si guardi libidinosamente, senza pericolo di polluzione, pecca soltanto venialmente, imperocchè questi suoi atti sono atti secondari che tendono ad un atto principale, in lecito, vale a dire l'accoppiamento carnale che è il loro debito scopo, benchè ora non possano conseguirlo.

Quegli che, accoppiandosi carnalmente nel matrimonio, desidera che dal suo atto non nasca prole, pecca: su ciò sono d'accordo tutti i teologi, ma sarebbe cotesto soltanto un peccato veniale, giusto l'adagio che finis præcepti non cadit sub præcepto. Così Sanchez l. 9, disp. 8, n. 10 e molti altri. Ma v'hanno pure dei teologi, del resto pochissimi che lo vogliono un peccato mortale.

Cosi S. Bonaventura e molti altri citati da Sanchez, l. 9, disp. 21, n. 16. Generalmente i teologi insegnano essere lecito rendere e chiedere il debito coniugale nel tempo dell'allattamento perchè consta dall'esperienza che raramente l'accoppiamento carnale guasta in questo caso il latte.

4. Se il debito coniugale viene chiesto frequentemente, per esempio, più volte nella stessa notte, non si è sempre obbligati a renderlo, imperocchè ciò è contrario alla ragione, e può essere grandemente nocevole. Deve però la moglie, per quanto può dice Sanchez, l. 9, disp. 2, n. 12, sovvenire ai bisogni del marito allorchè questi prova stimoli carnali veementi: lo spirito di carit

E' a notarsi che gli ermafroditi non possono ricevere gli ordini sacri abbracciare una professione religiosa fino a tanto che il loro sesso si mantiene dubbio. Così dice espressamente Sanchez e molti altri da esso citati, l. 7, disp. 106 n. 10. Del debito coniugale. Questa seconda questione noi la divideremo in tre capi: 1. Del debito coniugale chiesto e reso; Dell'uso del matrimonio;