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L'imperatore si teneva sempre al suo cauto metodo delle due porte aperte. Si abboccò con lo czar a Stoccarda e, nello stesso tempo, diede affidamenti tranquillanti alla corte di Vienna. Mentre a Plombières stringeva la grande congiura con Cavour, i suoi giornali di corte parlavano con freddezza glaciale delle speranze d'Italia. Napoleone III fu sorpreso egli stesso dell'effetto del suo amaro saluto di Capodanno all'ambasciatore austriaco. Alcune settimane dopo fu conchiuso il matrimonio del principe Napoleone: la sollecitudine dinastica del risalito non si smentì neppure in quei giorni pieni di fecondi disegni. Nel febbraio il discorso del trono annunziò «che l'interesse della Francia si trova dovunque occorra porgere la mano a una causa di giustizia e di civilt

Le vostre prime pratiche furono volte alla Russia. Naturali tendenze, logica di despota, e non so che ricordi delle conferenze del Kremlino, vi spronavano a quella parte. La Russia non accolse le offerte. Lo Tsar sentiva di non poter fare a fidanza colla vostra parola. I vostri agenti, quasi a legittimarvi con nozze regali, avevano tentato indarno tutte le corti germaniche, in cerca di una sposa per voi. L'Europa dinastica v'era chiusa; la leva della rivoluzione vietata; suicidio l'agitarla contro le Potenze. Però pensaste all'Inghilterra. Vi occorreva tal cosa, che vi additasse ad un tratto partecipe del sodalizio de' poteri legittimi; vi occorreva una conferenza diplomatica, un trattato di pace, al quale apporre, insieme con essi, la vostra firma. Strada alla pace era la guerra; e voi la provocaste. L'Inghilterra v'entrò, renitente, al vostro fianco, ma con animo perfettamente sincero, e mosse il primo passo con fermo proposito di trarne qualche pratico e permanente effetto. Ma volendo voi evitare il risvegliarsi delle nazionali insurrezioni, e fare, ad un tempo, le prime parti nella guerra, sacrificaste per ciò la questione strategica al vostro intento politico. A Riga e a Odessa preferiste la Crimea. Non era ivi pericolo di un moto polacco: e le vostre forze di terra, in un assedio lungamente protratto, doveano, per loro naturale superiorit