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Se la bassezza o altezza del cambio della piazza di Napoli con l'altre piazze d'Italia sia o possa essere causa dell'abbondanza o penuria di moneta nel Regno.

Ma nel presente si ará da vedere, conforme si è promesso, se, essendo vera questa esperienza, ne segua la conseguenza, che egli dice, che la bassezza del cambio sia causa dell'abbondanza e l'altezza della penuria; la quale conseguenza si nega.

Il bel servone voleva negare sospirando, ma non riusciva a nascondere tutta la propria compiacenza. Avevo quaranta o cinquanta lire e ho dovuto mandarle a mia sorella! Questo non era vero. Aveva il gruzzolo, nascosto nella calzetta. Nei giorni dell'abbondanza nessuno badava a spendere e spandere; soltanto la serva metteva da parte. Ma lei, signorina? Delle sue lezioni?... Niente?

La massa dei benestanti potrebbe in gran parte correggere questo capitale difetto dei governi sorreggendo i miseri e migliorandone la sorte ma non lo fanno. Pure loro sarebbe facile! se soltanto volessero privarsi d'una parte del loro superfluo. Il povero manca del necessario per sostentarsi e il ricco nuota tra le copiose vivande e gli squisiti e variati vini il più delle volte nauseato dell'abbondanza e dalla penosa saziet

In tutto il suo Discorso Marco Antonio de Santis non intende provare altro se non che l'altezza del cambio della piazza di Napoli con l'altre d'Italia è la sola causa che ha fatto impoverire il Regno di denari; e di questo assegna la ragione: perché l'altezza del cambio non permette che li denari, che doveano venire in Regno per la estrazione della robba fuora Regno, vengano in contanti, ma per cambio, e quelli, che doveano uscire per cambio per le mercanzie portate da fuora nel Regno, escono di contanti, per l'utile che si ha nell'uno e nell'altro; cosí all'incontro la bassezza debba essere causa dell'abbondanza, per operare il contrario effetto per la medesima ragione.

Se si dice che si cresce alla forastiera conforme si sbassa la propria: e questo non altera cosa alcuna a rispetto della moneta forastiera, ma la lascia come stava e non può operare nuovo accidente; e tanto piú, quanto sopra si è provato che crescere il prezzo alla forastiera non produce l'effetto dell'abbondanza, anzi della penuria, ancoraché venga il denaro in Regno per qualsivoglia rispetto.

E, perché la cittá di Venezia maggiormente s'oppone de diretto, nell'accidenti predetti, con Napoli, e in altre qualitá e accidenti, che possono causare gli effetti dell'abbondanza della moneta, sono contrarie, per questo si metteranno tutti gli accidenti dell'una e dell'altra, comparandola prima con la cittá predetta di Venezia, dalla quale comparazione sará chiara ancora la comparazione di Genoa.

Ma al contrario procede l'argomento o consequenzia, cioè: nel tempo del cambio basso non vi è abbondanzia, e del cambio alto non vi è penuria; dunque il basso non è causa dell'abbondanza e l'alto della penuria: procedendo l'argomento dal genere alla spezie negativamente e non affirmativamente.

Dunque da questa esperienza segue che la bassezza del cambio sia causa dell'abbondanza, e l'altezza di penuria di moneta in Regno. a questo si potrá contradire, essendoci l'esperienza maestra delle cose, alla quale cede ogni potentissima ragione. Niente di meno, ancorché l'esperienza fusse vera, la consequenzia è falsa, e nel sequente capitolo si disputerá se questa esperienza è vera.

Del resto tutti gli emblemi di quel povero popolo si riferivano sempre più o meno ad un'idea sola; danaro, sempre danaro; e difatti vi si scorgevano immancabilmente i corni dell'abbondanza, dai quali sgorgavano monete d'oro, vino e pane.