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OLIMPIA.... E digli che mia madre mi vuol sposare ad ogni modo col capitano, che ho fatto dalla mia parte quanto ho saputo e potuto e che non posso far piú per esser costante in amarlo e osservargli la fede che l'ho data d'esser sua eternamente, e che mai non vedrá persona Olimpia viva ch'abbia altro marito, ch'io non voglio posso amare altra persona che non sia lui: che il capitano sollecita e s'affretta, la mia volontá non ci consente; l'obedienza di mia madre mi sforza, Amor con forti catene mi tira a ; la mia libertá è in poter d'altri, la mia vita nelle sue mani: che consideri in che vita e in che inferno mi trovo, che sto come quella che sta confessandosi che d'ora in ora aspetta giustiziarsi; che se sono forzata maritarmi con questo capitano, m'ho serbata una carta di soblimato, che s'usa ne' lisci della faccia, per avelenarmi.

Cosí questa anima porta , candela, la quale ricevette il sancto baptesmo e poi gittoe l'acqua della colpa dentro ne l'anima sua, la quale fue una acqua che inacquoe il papeio del lume della grazia del baptesmo. Non essendosi scaldata al fuoco della vera contrizione, confessandosi della colpa sua, andò alla mensa de l'altare a ricevere questo lume actualmente.

Comunque sia, nei pochi giorni che precedettero l'arrivo di Alberto, Diana rifece parecchie volte il suo esame di coscienza, confessandosi in gran parte colpevole dei mutati rapporti fra lei e suo marito. Troppo lo trascurava, troppo lo metteva in seconda linea, dacchè un nuovo sentimento imperioso, dispotico, esclusivo aveva preso possesso del suo cuore. Eppure, se questo sentimento era potuto nascere in lei e recarle tanta dolcezza ella ne andava debitrice al suo sposo, come a lui andava debitrice, se non degli agi della sua vita, della stima, del rispetto ond'era circondata. Non doveva ella dunque mostrargliesene riconoscente? S'egli era assorbito da' suoi studi, dalle sue occupazioni parlamentari, se nelle lotte politiche, insieme a poche compiacenze d'amor proprio, raccoglieva una larga messe di fastidi e di note che di tratto in tratto turbavano l'equanimit