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Chi può rassegnarsi a vivere, se tale è la vita? Aporèma soltanto; egli, l’eterno filosofo, egli che preferisce il sapere al godere, egli che è entrato nel segreto del creatore, egli che vede i congegni da vicino, e ride, egli che sta beffardo a cavalcioni sull’arcobaleno e ne considera il nulla, egli che può dire all’eterno vecchio di lassù: Quanto la vostra mano dispone, Per me segreti, Sire, non ha; So quanto valgono cose e persone, E niun sul prezzo gabbo mi fa!

Solo, ognor solo, parta il giorno o rieda, Alla brina gelata, al sol cocente, Solitario carcame a’ vermi in preda! Pur gli rimase il raggio della mente.... Ma udite qual ne fece uso sennato; Maledisse all’Eterno, e irriverente Gli domandò: «perchè m’hai tu creato

Il giovane pensava, pensava sempre, e le sue palpebre asciutte non sentivano il sonno. La ballata di Aporèma gli suonava ancora all’orecchio; le strofe, con molesta vicenda, gli si offrivano spiccate allo sguardo. Vedeva il convito degli angeli celesti, il venerando Sire e il beffardo tentatore degli uomini, vedeva Giobbe felice, poi caduto in basso stato, infermo e reietto; e udiva fischiare dinanzi all’Eterno questa amara sentenza: Felice è l’uomo finchè la fede Inviolata nel cor gli st

Esser altro!... E pur m’è tolto strapparmi questo corpo e questo volto umani a strazio del mio duro orgoglio. Buffa e tragica cosa, essere inscritto nello stato civile, a chi il suo crisma chiede all’eterno, a chi nel vasto prisma dell’anima rifrange anche il delitto!...