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Aggiornato: 4 maggio 2025
Quante e quante volte durante la lunga pace i francesi avevano cantato strepitando e minacciando: et du Nord au Midi la trompette guerrière a sonné l'heure du combat? Fino a quando il gagliardo inno ammoscì in una frase sdrucita. Dovevano provarlo adesso, ciò che è una guerra di popolo. Sorse la Germania, risoluta come un solo gagliardo, unanime dalle Alpi al Belt, e seguì esultante le aquile di Rossbach e della Belle-Alliance. Quando la boria del più superbioso dei popoli fu castigata con una ignominia senza esempio, il giudizio cadde allora anche sull'eletto del popolo. Levato in alto dalle moltitudini, dal capriccio dell'animo popolare, soggiacque per l'insensatezza delle stesse moltitudini. La perplessit
La Francia fin dai tempi dei due cardinali si era abituata a essere la potenza egemone della terraferma. Sebbene questa supremazia si fosse andata a mano a mano indebolendo notevolmente sotto Luigi XV, si era però tuttora in Francia tanto sicuri della propria grandezza, che gli ufficiali borbonici battuti a Rossbach divulgarono in patria le lodi del colto re di Prussia. Chi avrebbe allora minimamente presagito, che cotesti stranieri avrebbero signoreggiato la Francia? Poi, durante le guerre della coalizione, era divampata contro lo straniero una passionata esacerbazione, e adesso alla splendida èra del dominio mondiale della Francia seguiva un governo installato dagli stranieri. La nazione aveva appena finito di lamentare, che la grande guerra per la supremazia di l
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