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Quante e quante volte durante la lunga pace i francesi avevano cantato strepitando e minacciando: et du Nord au Midi la trompette guerrière a sonné l'heure du combat? Fino a quando il gagliardo inno ammoscì in una frase sdrucita. Dovevano provarlo adesso, ciò che è una guerra di popolo. Sorse la Germania, risoluta come un solo gagliardo, unanime dalle Alpi al Belt, e seguì esultante le aquile di Rossbach e della Belle-Alliance. Quando la boria del più superbioso dei popoli fu castigata con una ignominia senza esempio, il giudizio cadde allora anche sull'eletto del popolo. Levato in alto dalle moltitudini, dal capriccio dell'animo popolare, soggiacque per l'insensatezza delle stesse moltitudini. La perplessit

Poco prima la nazione aveva respinto con lodevole moderazione gli arditi disegni di conquista di Polignac; adesso i vinti di Waterloo avevano riportato la vittoria sulle barricate, e subito mille e mille voci levarono il grido: «vendichiamo Waterlooquasi che la battaglia della Belle-Alliance non fosse stata essa stessa la vendetta di un nefando assassinio!

Solo una volta la monarchia di luglio toccò un successo notevole sulle potenze orientali. La rivoluzione belga aveva incontrato rapidamente il favore di tutti i partiti in Francia. Era vantata come liberale insieme e cattolica; e lo scopo che si era prefisso, era di rompere quella compattezza degli stati olandesi, la cui esistenza era un affronto per la Francia. Questa volta il re seppe profittare destramente della lentezza delle potenze orientali, distratte dagli affari della Polonia. Le sue truppe entrarono due volte nel Belgio; e quando alla fine fu strappato alle corti tedesche renitenti il riconoscimento del nuovo stato, e lo czar Nicola non poté altrimenti sfogare il suo impotente malumore per la vittoria della rivoluzione, che rifiutando le relazioni diplomatiche col giovine regno, allora le penne del gabinetto magnificarono la brillante solution française della questione belga. Se non che, un giudizio posato non può consentire a tale millanteria. Senza dubbio, con lo stabilimento dello stato belga il necessario era fatto, il rimedio eroico del momento era riuscito; ma il merito maggiore non era da ascriversi alle armi francesi, bensì all'assistenza perseverante e meno ambigua dell'Inghilterra. Ben a ragione lord Palmerston chiamava il Belgio suo figlio. La sete di gloria della nazione era così poco soddisfatta dei facili trionfi nelle trincee di Anversa, come il piacere della Francia rivoluzionaria della guerra contro Stein ed Erz: i fogli radicali menarono gran lamento, quando il comandante francese sul campo della Belle-Alliance proibì alle sue truppe di condurre a fine la distruzione gi