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In quell'ottava l'autore della Marfisa fa una pittura del carattere del Goldoni, gran coltivatore d'un grosso partito agli scritti suoi con una umiliazione e un'adulazione niente poetica. Stanza 117. Dodone dalla mazza, detto «il santo», era venuto, e guardava ogni cosa stando a un tavolier solo da un canto, facendo vista di fiutar la rosa.
Non lo sperate! gridò Polissena. Se anche Elena acconsentisse ad umiliarsi davanti all'ombra della vostra Dulcinea, non lo permetterei io, mi capite? Io, sua madre, non le permetterei di avvilirsi al cospetto dell'ombra. La chiamo così, per imitarvi, soggiunse la marchesa, con piglio sarcastico, quantunque l'abbia veduta anch'io, in carne ed ossa, la contadina per cui avete tanto sospirato. Bella, sì, d'una sciocca bellezza! La bellezza dei capegli neri! Ve ne ricordate, conte Gino? La sentenza è vostra, e di quei tempi che davanti ai vostri occhi avevano grazia solamente le bionde. Molto involontariamente, credetelo, ma ho pur dovuto pensarci, vedendo quell'ottava meraviglia. Gran cosa, la vostra contadina! Divinit
Marco dal pian di San Michel, poeta... Cioè l'abate Chiari, di cui l'autore della Marfisa dá un'idea del carattere in quell'ottava e nella seguente. Stanza 113. Anche Matteo, poeta suo nimico... Il Goldoni ed il Chiari erano in quel tempo rivali e nimicissimi. Si censuravano ferocemente nelle opere loro.
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