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Rose Barn è alta, snella, bruna, grandi occhi vivi, neri, lucentissimi che col tipico pallore verdino della pelle e l'elastica snodatura dei fianchi felini, rivelano quella razza interessante e tipica di ebree viennesi, crepitante perfida e seducente fusione dei sangui rumeni, boemi e austriaci.

Aveva un volto rosato e giovanile, adombrato da capelli biondissimi, con un nasino vôlto in su, e due occhi cerulei lucentissimi, pieni di quel fuoco fosforico che dinota un gran fervore di concupiscenza, e una colonna vertebrale soggetta a troppo frequenti fremiti.

Un fiume di capelli neri lucentissimi, dalla testa scese fluttuante sul bel dorso della bella giovinetta, la quale, non d'altro indumento ricoperta fuor quello di una maglia di seta candidissima, somigliava ad una statua di alabastro ombreggiata da un salice bruno.

Nei larghi fortemente inclinati, in certi punti la terra trapelava con toni neri lucentissimi fra un nevischio diradato come una mussola; in altri luoghi ogni traccia di candore era sparita ed un’erbetta minuscola e tenerissima luccicava al sole. Il Rosso rimaneva immobile, le gambe distese sull’erba, la schiena appoggiata ad un sasso, muto nella rabbia e negli spasimi delle ferite. Ad ora ad ora allungava il braccio sano, raspava quel po’ di neve che gli veniva fatto e mutava empiastri alla piaga; così aveva fermato il sangue. Misurando colla memoria lo spazio che lo separava dalle prime case, contava il tempo che gli rimaneva d’attesa prima che tornasse il compagno. A quest’ora è giunto all’abetaia; avr