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Aggiornato: 22 maggio 2025
Per alcuni istanti nella capanna regnò un profondo silenzio, rotto solamente dagli scoppiettii del braciere che arrossava gli istrumenti di tortura. Pareva che Ahmed provasse una feroce compiacenza delle tremende angoscie della vittima. Siedi! disse ad un tratto, accennandogli l'angareb. L'uomo ubbidì macchinalmente senza aprire bocca.
Non mi fuggirai più, io ti amerò anche se tu non vorrai, io ti farò mia dovessi impiegare la forza. Egli l'aveva abbrancata ancor più strettamente e la trascinava verso l'angareb. Fathma gettò un grido. Lasciami, Ahmed! Lasciami! gridò ella dibattendosi disperatamente. Il Mahdi la guardò con occhi di fuoco. Sei mia! sei mia! le fischiò agli orecchi.
Il capo dei guerrieri, dopo di avere appostati i suoi uomini all'ingiro, in modo da impedire ogni scampo, entrò nel tugul colla scimitarra in pugno e con una cert'aria che pareva tutt'altro che rispettosa e pacifica. Abd-el-Kerim stava appunto alzandosi allora dal l'angareb sul quale aveva dormito.
Ad un cenno di El-Mactud essi alzarono l'angareb con suvvi l'arabo ed uscirono silenziosamente dalla capanna. Medinek si mise dinanzi colla scimitarra sguainata e lo sceicco di dietro col remington sotto il braccio. All'oriente cominciava ad apparire, fra le tempestose nubi, un po' di chiaro.
L'angareb cadde rovesciando Abd-el-Kerim in mezzo al fango della viuzza. Fuggite! fuggite! gridò El-Mactud, dandone lo esempio. Altre tre fucilate rintronarono seguite da un secondo urlo di dolore. Un altro guerriero cadde fulminato. Gli altri, vista la mala parata, si slanciarono dietro El-Mactud che trottava furiosamente.
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