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R ecativi 'l in braccio, o belle ninfe, E d a la dea portandolo direte: M adonna, dentro le muschiate linfe O fferto s'è costui nel nostro rete: T egnamolo qui nosco, se 'l vi pare, I donio testimon, quando che v'abbia S empre a lodar ne l'amorosa rabbia. O dissi allor, o di vaghezza fiore, C hi mi porge la stola ond'io mi copra?

L evò la vista, dunque, ove si elice E cco una fiamma ed ove un cieco infante, R accolto l'arco e la saetta, altrice A hi! di quanti martiri, lo diamante T rito mi ruppe al petto e quindi svelse I l cor giá fatto de' sospiri al vento S tridente face e d'acque un fiume lento. O h quante da quell'ora incomenciaro P ene, tormenti, affanni, sdegni ed ire, T ravagli, doglie, angoscie e zelosie!

A hi mercenaro e lupo insaziabile, N ato d'inganno e mantellata insidia! I n cui tanta perfidia M ai puote luogo aver? O incommutabile, O giustissimo Dio, perché non subito R isguardi a noi? deh! dubito V ani sian nostri prieghi, ché stoltizia M aggior non è s'un reo chiede giustizia. Imminet erranti furque lupusque gregi.

R estossi allora quello, e col bel viso I l novo Ciparisso ovver Narciso: C hi chiama? disse e, vistomi soletto, T ennesi a lungo il naso fra le dita: O h tu! mi sai dicea di lorda vita! C ácciati presto in quel fragrante rivo, L avandoti lo puzzo fin ch'io torni. A llor si parte ritrosetto e schivo, V edendo una carogna in luoghi adorni.