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Io rimaneva nel luogo dove aveva mostrato al popolo il decreto, e mi ritrovai al fianco due o tre delle guardie nazionali, fra i quali certo Radaelli fornaio, ed il popolo mi circondava cosí foltamente che appena potevo muovermi. Io esortava con maniere dolci e tranquille alla quiete, quando un uomo di alta statura, il cui aspetto dimostrava non essere milanese ma probabilmente abitatore di qualche luogo del Lago Maggiore, mi si affacciò e disse: «Va bene, ma ora vogliamo Prina». Era il conte senatore Prina ministro della finanza ed in odio alla popolazione, che lo diceva duro nelle sue maniere e troppo zelante nello smungere i privati, onde impinguare il tesoro sempre bisognoso di denaro. Risposi a quella proposizione: «Prina non c'è». Ma quegli, «Evvi, disse, ed io l'ho veduto entrare nel palazzo pel primo». Replicai che Prina non vi era; insistette quelli, ed io soggiunsi: «Come! voi tutti avete tanta bont

d'AMEDEO cura vi prenda, io solo A quella destra foltamente ardita Darò gastigo, o fuggirassi a volo, O perder

Verso quest'ora, mentre foltamente nevicava, diede l'ordine della partenza, e quando l'ultime schiere, ed egli dietro a tutte, furono usciti da Como, volle se ne chiudessero diligentemente le porte, onde nessuno di quelli che avevano seguíto l'esercito potesse rientrarvi; e lasciato perfettamente oscurare, raggiunto da espertissime guide, abbandonò la via verso Milano, facendo volgere l'armata sulla strada della Brianza per riuscire inaspettatamente al Castello di Monguzzo.