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Aggiornato: 9 maggio 2025
Il giorno istesso in cui doveva, in seno al governo, discutersi il malaugurato decreto della fusione, comparve inaspettato nella mia stanza Cesare Correnti, seguito da Anselmo Guerrieri, e mi parlò, com'uomo che v'intravvede rovina, della proposta. Dissi a lui e al Guerrieri ciò ch'io avea detto poche ore prima a un altro membro del governo, Durini, che m'aveva inutilmente tentato perch'io aderissi. La fusione subitamente richiesta e con aperta violazione dei patti, dal re era indizio certo ch'ei sentiva le sorti della guerra corrergli avverse e premeditava ritrarsi, ma con un documento di signoria da dissotterrarsi quando che fosse in futuro. L'adesione intanto persuaderebbe la Lombardia del contrario e infondendole più sempre fede nella determinazione del re, l'addormenterebbe a stimarsi secura e difesa quando appunto importava risuscitarne l'energia e prepararla a salvarsi da sè. Le promesse tradite irriterebbero i partiti che si erano persuasi per amor di patria a tacere. L'ingrandimento della monarchia di Savoja, non più sospetto ma fatto, darebbe a tutti gli altri principi d'Italia il pretesto, da lungo cercato, per separarsi da una guerra senza speranza per essi. Il re, soddisfatto d'avere conquistato un diritto alle terre lombarde, si rassegnerebbe più facilmente a differirne l'attuazione e cedere per allora il campo all'Austriaco. La Lombardia, non più alleata ma suddita, perderebbe ogni opportunit
Quei, che l'amaro calice accettando, Com'uomo il rimovea raccapricciando! Con qual desìo la settima festiva Aurora io nel mio carcere attendea! Per sei giorni in mestizia illanguidiva, O la mente pensosa egra fervea, E talor preda sì di larve giva, Che il lume di ragion perder temea: In quell'ore io talvolta Iddio cercava, E, inorridisco in dirlo! io nol trovava.
Il Farinaccio poi non era tale, da ridere per cotesto caso: all'opposto, volendo, com'uomo espertissimo nelle umane passioni, correggere con la lingua il fallo involontario del corpo, circondò il presidente Luciani col tuono di uno immenso saluto: Meritissimo signor Presidente, le faccio umile reverenza.
Un'idea dell'accanimento de' nemici di parte contro il poeta è da rilevarsi dallo stesso opuscolo di un suo contemporaneo, il frate Vernani, da noi ripubblicato e tradotto dal latino, nel quale l'autore del De Monarchia è chiamato «ignorante» e dipinto, scusate se è poco, com'uomo di mal'affare. Gi
La stizza del sentir discorsi sciocchi pose a Marfisa l'altra ira in bilancia, e disse: Non può far che l'ora scocchi; t'immaschera al costume della Francia, perocché le tue ciarle da pidocchi gorgogliar presto mi farien la pancia. E brievemente andarono a vestirsi per gir alla commedia a divertirsi. E mascherate al teatro sen vanno, l'una com'uomo e l'altra come dama.
Parola Del Giorno
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