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Aggiornato: 29 maggio 2025
Era piccolo, dal viso rubizzo, e sempre allegro. Quando veniva in casa a pranzo, ed accadeva spesso, aveva sempre nelle tasche qualche cartoccio, un giocattolo o una ghiottoneria, che si divertiva a mostrarle, affermando sempre che era per un'altra bambina. Allora cominciava la solita lotta di carezze e di repulse: Tina gli saliva sulle ginocchia, gli cacciava la mano nelle tasche, l'inondava di baci strillando, ridendo, coll'irresistibile grazia dell'infanzia, finchè la mamma non le veniva in aiuto, ed egli cedeva vinto dalla tenerezza. In casa lo chiamavano il signor Gennaro. Ma la bambina si era accorta che tutto aveva cangiato dal giorno che egli era venuto. La mamma vestiva da signora, a pranzo non si levava più come prima qualche cosa per la cena: poi avevano cangiato appartamento, e vicino alla camera della mamma piena di mobili nuovi, c'era un salottino con un sof
Egli girava a caso. Involontariamente la sua giovinezza lo faceva seguire per qualche tratto una figurina di donna, svelta ed elegante, che fendeva la folla senza vederla, al braccio di un signore; ed era come una pagina di romanzo, che gli si aprisse improvvisamente dinanzi agli occhi coll'irresistibile prestigio dell'amore. Altre donne non guardava.
Ella strinse nella mano destra l'altro orlo della culla piegandosi col volto, del quale De Nittis non poteva vedere che una tempia, quasi a sfiorare quello del bambino ridivenuto tranquillo. In quella lotta delirante della sua anima contro la morte, Bice lo avvolgeva dentro lo splendore dei propri occhi, giungendogli sino al fondo di tutte le fibre coll'irresistibile penetrazione della luce. Non voleva che morisse, non sapeva nemmeno che cosa fosse più la morte, ma era come se le ritirassero qualche cosa dall'intimit
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