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Aggiornato: 26 giugno 2025
Adorator de' secoli vetusti No, non son io: so che barbarie assai Contro a' fiacchi porgeva arme agl'ingiusti, E alle vendette succedean più guai: Ma sfavillar pur si vedean tai giusti, Che d'obblio non saran preda giammai: Del secol lor vinceano il genio tristo, L'alme träendo a caritate e a Cristo.
Perché s’appuntano i vostri disiri dove per compagnia parte si scema, invidia move il mantaco a’ sospiri. Ma se l’amor de la spera supprema torcesse in suso il disiderio vostro, non vi sarebbe al petto quella tema; ché, per quanti si dice più lì ‘nostro’, tanto possiede più di ben ciascuno, e più di caritate arde in quel chiostro».
Non fu latente la santa intenzione de l'aguglia di Cristo, anzi m'accorsi dove volea menar mia professione. Pero` ricominciai: <<Tutti quei morsi che posson far lo cor volgere a Dio, a la mia caritate son concorsi: che' l'essere del mondo e l'esser mio, la morte ch'el sostenne perch'io viva, e quel che spera ogne fedel com'io,
Non fu latente la santa intenzione de l’aguglia di Cristo, anzi m’accorsi dove volea menar mia professione. Però ricominciai: «Tutti quei morsi che posson far lo cor volgere a Dio, a la mia caritate son concorsi: ché l’essere del mondo e l’esser mio, la morte ch’el sostenne perch’ io viva, e quel che spera ogne fedel com’ io,
se ciò non fosse, ch’a memoria m’ebbe Pier Pettinaio in sue sante orazioni, a cui di me per caritate increbbe. Ma tu chi se’, che nostre condizioni vai dimandando, e porti li occhi sciolti, sì com’ io credo, e spirando ragioni?». «Li occhi», diss’ io, «mi fieno ancor qui tolti, ma picciol tempo, ché poca è l’offesa fatta per esser con invidia vòlti.
Parola Del Giorno
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