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Aggiornato: 26 giugno 2025


Abarima era rimasta , come trasognata.

Abarima fece un gesto di compassione. Ma non era di compassione per il triste amore di Cosma, bensì per lo storto ragionamento di Damiano, o, se vi piace, meglio, di Tolomeo.

Abarima capì il gesto, e porse ingenua l’orecchio.

Abarima non represse solamente lo sbadiglio, ma anche un atto di Damiano, che veramente meritava il garofano di cinque foglie.

Abarima stette un istante sovra pensiero, come se volesse nella sua mente pesare il pro ed il contro; poi sentenziò:

Non aveva mestieri di parlar per interpetre la leggiadra Abarima. Fattasi accanto a Damiano, che essa aveva ammirato nei due saggi della sua maravigliosa prodezza, così gli parlò dolcemente nella sua lingua, ridotta per la circostanza alle forme più brevi:

Abarima chinò la guancia sul petto di Damiano, alzò le ciglia per mandargli di sbieco un’occhiata assassina, e gli disse sottovoce:

Abarima non capiva più, e non si studiava neanche di capire. A Damiano parve anzi di vedere che ella reprimesse uno sbadiglio.

Abarima si scosse, e diede un’occhiata curiosa a Damiano.

Poco dopo, vedendo che la bella Abarima non si muoveva dalle vicinanze della casa, e pensando che la sua presenza poteva essere desiderata altrove, si alzò e prese commiato.

Parola Del Giorno

s'alceste

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