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Esisteva ab antico in Palermo e, contro il malvolere del Governo, prosperava un’Associazione detta del grano. Pagando un grano la settimana, quattro il mese (in moneta d’oggi, otto cent. di Lira), una famiglia godeva il beneficio dei medici per le malattie, della sepoltura per la morte. Che razza di medici dovessero aversi a questo patto, è facile immaginare! La celebre Giunta dei Presidenti e Consultore, il 5 marzo 1783 scrivea esser più d’una le opere del grano, per le quali gli ascritti «talvolta sono assistiti da imperiti medici che servono a rendere perpetue e più micidiali le malattie del popolo»³⁸⁹. Da siffatta istituzione volle trarre partito il Governo per un’assistenza medica ai poveri mettendo a profitto l’opera disinteressata dell’Accademia di medicina. La contribuzione del grano fu lasciata volontaria; si chiamarono per ciascuno dei quattro quartieri due bravi fisici ed un cerusico, retribuiti, quelli con 60 onze l’uno, questi con 20. Agl’indigenti furono concessi sussidî anche in danaro; ed ai morti, esequie e sepoltura. Semplice la burocrazia: un razionale ed un esattore; ben praticamente composta una deputazione di vigilanza per quartiere: il parroco, un cavaliere, un mercante, un forense, il qual ultimo ebbe la direzione del servizio, che per siffatto organamento procedeva pronto ed attivo. Basta vedere il programma viceregio del 21 aprile 1783 per comprendere come i nostri vecchi intendessero la beneficenza pubblica, la quale era nobile gara di carit