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Così facemmo. Base dell'azione dovevano essere le provincie Sarde. Forti di mezzi, d'armi ordinate, d'influenza morale e d'abitudini di disciplina che avrebbero fruttato a qualunque riuscisse a impadronirsene, gli Stati Sardi avevano due punti strategici d'alta importanza, Alessandria e Genova; ed erano appunto quelli pei quali eravamo più potenti d'affiliazioni. Un moto nel Centro, più agevole forse, non offriva appoggio di forze reali e non avrebbe suscitato l'entusiasmo di tutta l'Italia. D'altra parte, io era certo che al primo annunzio del moto, l'Austria avrebbe occupato, coll'assenso di Carlo Alberto, il Piemonte e resa quindi impossibile ogni azione diretta o rapida sulla Lombardia, nella quale io aveva fin d'allora fede grandissima. D'un moto in Napoli e delle norme colle quali procederebbe non potevamo, mercè la semi-indipendenza nella quale si stavano gli elementi coi quali eravamo in contatto, non potevamo starci mallevadori. E inoltre, il convertire ciò che deve essere riserva in centro del moto, non mi sembrava, checchè dicessero i militari, buona strategìa di rivoluzione. Movendo in Napoli, noi non eravamo certi che per invasione degli insorti o per altra via, il moto si sarebbe diffuso rapidamente all'altre parti d'Italia; e io temeva la tendenza pur troppo naturale in tutti i paesi ad aspettare lo sviluppo d'ogni moto che s'operi dietro ad essi, e sognare disegni dottamente complessi d'insurrezione quando il nemico assalitore e respinto può collocarsi tra due forze ostili e vedersi staccato dalla sua base. Di pretesti siffatti all'inerzia, suggeriti ed accettati con arte profonda e sempre fatale alle insurrezioni, erano frequenti nel passato gli esempî. Una insurrezione nel Mezzogiorno non scemava un solo dei pericoli che le insurrezioni del Centro e del Settentrione avrebbero dovuto affrontare; un moto in Piemonte salvava invece dal primo urto dell'armi straniere Mezzogiorno e Centro ad un tempo. Battuti in Piemonte potevamo appoggiarci su quel terreno come su potente riserva. Poi e questa è ragione ch'io riteneva importante, comechè poco intelligibile a quanti non vedono in una rivoluzione che un problema di strategia regolare ogni rivoluzione operata in un popolo addormentato da secoli sviluppa vulcanicamente tremende le forze latenti ch'essa possiede se provocata e sollecitata da pericoli che possono riescirle mortali, intorpidisce e si consuma nel sonno e nelle illusioni se abbandonata a stessa e secura. Il nostro nemico era l'Austria. Bisognava cacciarle il guanto dai primi giorni, fidare nella Lombardia e assalirla invece di aspettarne gli assalti. L'entusiasmo della guerra allo straniero, abborrito da tutti com'era, avrebbe sopito ogni interno dissidio e fondato l'Unit

si può dire l'autore aver qui usato il futuro per lo preterito, quasi e' nacque tra feltro e feltro, cioè della Vergine Maria, che era povera donna, e nacque in povero luogo: ma questa ragione non procederebbe, percioché sono MCCCLXXIII anni che egli nacque, e, nei tempi che nacque, era la potenza di questo vizio nelle menti umane grandissima; poi si vede, non che essere scacciata, ma mancata.