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Per queste e altre ragioni determinai che l'iniziativa dell'insurrezione Nazionale si tenterebbe nelle terre Sarde, perni Genova e Alessandria; noi esuli invaderemmo, appena dato il segnale dall'interno, la Savoja, non solamente per dividere le forze ostili e per aprire un varco sino al centro del moto agli uomini che l'esperienza acquistata al di fuori chiamava a capitanarla civilmente e militarmente, ma per cacciare un anello tra i nostri e i repubblicani di Francia, che allora accennavano a diventare potenti e preparavano, tra gli operai, elementi numerosi di riscossa in Lione.

Il giorno 6 di aprile le truppe Sarde ebbero cogli Austriaci un forte scontro al ponte di Goito ed a Monzambano ove i bersaglieri comandati dal Colonnello Lamarmora, il battaglione Real Navi e i cannonieri si copersero di gloria. Il giorno 13 s'investiva Peschiera con vivissimo cannoneggiamento.

"Di notte la solitudine, per uno strano effetto che si osserva in molte campagne sarde, si animava un po', o almeno non era così completa come di giorno.

Così facemmo. Base dell'azione dovevano essere le provincie Sarde. Forti di mezzi, d'armi ordinate, d'influenza morale e d'abitudini di disciplina che avrebbero fruttato a qualunque riuscisse a impadronirsene, gli Stati Sardi avevano due punti strategici d'alta importanza, Alessandria e Genova; ed erano appunto quelli pei quali eravamo più potenti d'affiliazioni. Un moto nel Centro, più agevole forse, non offriva appoggio di forze reali e non avrebbe suscitato l'entusiasmo di tutta l'Italia. D'altra parte, io era certo che al primo annunzio del moto, l'Austria avrebbe occupato, coll'assenso di Carlo Alberto, il Piemonte e resa quindi impossibile ogni azione diretta o rapida sulla Lombardia, nella quale io aveva fin d'allora fede grandissima. D'un moto in Napoli e delle norme colle quali procederebbe non potevamo, mercè la semi-indipendenza nella quale si stavano gli elementi coi quali eravamo in contatto, non potevamo starci mallevadori. E inoltre, il convertire ciò che deve essere riserva in centro del moto, non mi sembrava, checchè dicessero i militari, buona strategìa di rivoluzione. Movendo in Napoli, noi non eravamo certi che per invasione degli insorti o per altra via, il moto si sarebbe diffuso rapidamente all'altre parti d'Italia; e io temeva la tendenza pur troppo naturale in tutti i paesi ad aspettare lo sviluppo d'ogni moto che s'operi dietro ad essi, e sognare disegni dottamente complessi d'insurrezione quando il nemico assalitore e respinto può collocarsi tra due forze ostili e vedersi staccato dalla sua base. Di pretesti siffatti all'inerzia, suggeriti ed accettati con arte profonda e sempre fatale alle insurrezioni, erano frequenti nel passato gli esempî. Una insurrezione nel Mezzogiorno non scemava un solo dei pericoli che le insurrezioni del Centro e del Settentrione avrebbero dovuto affrontare; un moto in Piemonte salvava invece dal primo urto dell'armi straniere Mezzogiorno e Centro ad un tempo. Battuti in Piemonte potevamo appoggiarci su quel terreno come su potente riserva. Poi e questa è ragione ch'io riteneva importante, comechè poco intelligibile a quanti non vedono in una rivoluzione che un problema di strategia regolare ogni rivoluzione operata in un popolo addormentato da secoli sviluppa vulcanicamente tremende le forze latenti ch'essa possiede se provocata e sollecitata da pericoli che possono riescirle mortali, intorpidisce e si consuma nel sonno e nelle illusioni se abbandonata a stessa e secura. Il nostro nemico era l'Austria. Bisognava cacciarle il guanto dai primi giorni, fidare nella Lombardia e assalirla invece di aspettarne gli assalti. L'entusiasmo della guerra allo straniero, abborrito da tutti com'era, avrebbe sopito ogni interno dissidio e fondato l'Unit

La diffusione non foss'altro dei nostri scritti, malgrado lo zelo posto dalla Polizia a impedirla, avvertiva il Governo che un lavoro segreto, potente esisteva nelle Provincie Sarde; e da più mesi era posta in opera ogni arte per discoprirne le fila e il centro, ma senza successo. Cercavano quel centro dove non era, nell'alte sfere sociali e tra gli antichi cospiratori del 1821; non ideavano neppure che una Associazione, visibilmente numerosa e capace d'eludere le instancabili inquisizioni della polizia mettesse capo a pochi giovani di nome ignoto e ricchi non d'altro che d'energia di volere e d'attivit