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Una voce sonnacchiosa e un po' indispettita risponde: Sta bene, Carlo, ritorna fra mezz'ora. Alle undici e mezzo il giovane conte si è di nuovo addormentato e un secondo picchio all'uscio lo risveglia una seconda volta. Sta bene, sta bene, mi alzo. Ma alle undici e tre quarti il cameriere non ha ancora udito il campanello, che deve chiamarlo a vestire il giovane patrizio.

Pietro, che si era addormentato verso l'imbrunire, si svegliò molto tardi. C'era il dottore, ritto in piedi, accanto al letto, c'era la padrona che gli faceva lume, ma Evelina non c'era più. Era tornata a casa sua. Ormai il malato non aveva più bisogno di un'assistenza continua: la padrona, che dormiva vicino, sarebbe accorsa, qualora avesse chiamato o l'avesse sentito inquieto.

Quella sera, il nostro Damiano si buttò nel suo rancio prima del solito. Non voleva pensare a nulla, e mezz’ora dopo russava come un mantice. Ma i molesti pensieri che non aveva voluto accogliere desto, lo visitarono addormentato. Damiano sognò che Abarima si attaccava ai panni di Cosma, e che Cosma era stato obbligato a sposarla, per alta ragione di governo.

Ah, ah! siamo dunque stati nel paese dei sogni? Male, male; notò il conte Filippo; lo dice anche la chiesa: Et mala mentis somnia Et noctium phantasmata Et noctium phantasmata! ripetè, assentendo del capo, il signor commendatore. Infatti, non ero mica addormentato, quando ho veduto... Che cosa? Raccontami. Sciocchezze, Filippo mio, visioni d'inferno. Appunto per questo hai da dirmi ogni cosa.

Vedi dunque.... Ma tu, zio ripigliò la ragazza non hai una scusa al mondo. Abbi pazienza; alle conferenze mi addormento, e se mi addormento russo. A questa di Varedo non ti saresti addormentato.... Me ne appello a miss Jane. Miss Jane, ch'entrava in quel momento, rivolse uno sguardo interrogativo alla sua pupilla.

Entra, Federico. Egli entrò. Sai che è tardi? Sono passate le nove.... Mi sono addormentato tardi, ed ero stanchissimo. Come stai? Così.... La mamma è levata. M'ha detto che Giuliana sta a bastanza bene. Vuoi che t'apra la finestra? È una mattinata stupenda. Spalancò la finestra. Un flutto d'aria fresca, inondò la stanza; le tende si gonfiarono come due vele; apparve nel vano l'azzurro. Vedi?

Nemmeno un teatro. Prefettura e Municipio nello stesso palazzo, all'ultimo piano! Macché! Dopo dimani adios! Lei resta? feci al di Bartolo. L'altro nostro compagno di tavolino, Bazza, cancelliere alla Pretura, al solito s'era addormentato. Usava di far questo ogni sera, e lo svegliava il cameriere quando il caffè si chiudeva. Ma è presto osservò il di Bartolo. Guardi, non sono le dieci.

O non sa che la rugiada è tanto veleno che si filtra tra carne e pelle a chi sta smemorato a pararla? , , ma che volete? Ero stanco e mi sono addormentato qui, senza pure avvedermene. Che ora è? Sono le dieci suonate da un pezzo. Ah, gli è troppo tardi, ed ho ancora molte cose da fare!

Pian piano, camminando in punta di piedi, andò a sedere accanto alla finestra aperta. Nell'immenso buio di quella notte soffocante d'agosto, nel silenzio profondo del villaggio addormentato, la sua fantasia da poeta evocava come un'oasi laggiù, lontano, la casa di Santhi

Le mosche non si quietavano. Facevano tutte insieme un ronzio irritante. Assalivano me, l'albino, il commesso addormentato sotto il globo terraqueo. Quanti anni aveva? chiesi io, sbagliando involontariamente il tempo del verbo, come se parlassi d'un defunto. Chi, signore? Filippo Arborio. Trentacinque anni, credo. Così giovine!