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Il gallo moribondo rialzò adagio adagio la testa; il boia, pronto, gli rovesciò addosso una tempesta di beccate; le grida tornarono a scoppiare; la vittima fece di nuovo un leggero movimento, toccò un'altra beccata, si scosse, toccò una beccata ancora, versò sangue per la bocca, vacillò e cadde. Il vincitore, vigliacco, si mise a cantare. Venne un servitore e li portò via tutti e due.

Ma ora Blas moriva. Blas il vittorioso, Blas l’omicida, il gallo fulvo, pieno di cicatrici, Blas l’intrepido, Blas l’incoricabile, ormai cadeva, rantolava, non poteva più reggersi... ancora un passo, due passi, l’ultima beccata, l’ultima speronata nel vuoto, e la vescica di sangue si gonfiava, pesava troppo, lo trascinava giù... Blas moriva.

E qual delitto era se la sensibile Silvia, sonnecchiante, tra una beccata e l'altra contemplava il suo protettore con occhi spalancati e dimenticava per un momento solo il suo caro Manlio battuto dalla tempesta e forse in quell'istante non troppo dolcemente stretto dalle braccia d'Aurelia?

D’improvviso Blas dette all’altro una beccata che gli spennò il cranio; Inglés rispose con una speronata che fece volare in aria qualche penna. Un filo di sangue fresco rigò l’assito; gli scommettitori ed i puntatori si misero a fare un baccano indiavolato, a urtarsi, a dimenarsi, cosicchè pareva di assistere al principio d’una rissa della malavita.