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Aggiornato: 11 giugno 2025
Visti i primi vasetti, l'impresario, con gli occhi sfavillanti di gioia, gridò agli operai che si erano affollati attorno a Cardello: Via tutti, al lavoro! Laggiù! Palpava i vasetti, li ripuliva col fazzoletto dal terriccio che vi si era appiccicato attorno, e diceva a Cardello: Su, pòrtali a casa, involtati in questo giornale, e torna sùbito. No, aspetta. Solleviamo questa lastra.
Mentre Cardello, secondo le sue indicazioni, impastava mucchietti di creta, egli rizzava, secondo quel che leggeva in un libro pieno di disegni, un piccolo forno da cuocervi i vasetti e le tazze foggiate. Ne aveva foggiata qualcuna anche Cardello osservando bene come faceva il padrone.
Cardello avrebbe voluto sapere che cosa erano quei medicamenti e come si chiamavano: ma il Piemontese, zitto zitto, faceva tutto da sè. Cardello doveva contentarsi di stare a guardarlo, e sgranava gli occhi seguendo quell'operazione misteriosa che doveva poi dare lo stagno ai vasetti e alle tazze.
Intanto bisognava prima cuocere i vasetti e le tazze. Intorno alla riuscita di questa operazione non aveva dubbi di sorta alcuna. In un vasetto soltanto era avvenuta un'incrinatura al collo, forse perchè non bene asciutto.... Ma questo era niente. Il difficile veniva ora.
Cardello si affrettò a far sparire ogni traccia delle operazioni fatte; buttò via la mistura dei medicamenti, ripose le boccette nella cassetta in modo che quegli non avesse potuto accorgersi sùbito che erano state adoprate; nascose i vasetti e le due tazze in un baule, e aspettando il ritorno del Piemontese si stringeva nelle spalle, ripetendo: Ormai!...
Non rideva il Piemontese, a cui per la gioia della scoperta, erano diventati rossi infocati gli enormi orecchi. Scalza il terreno da quel lato, leggermente; io farò leva col palo da questo. All'urto del palo, la lastra si spezzava, affondandosi nella tomba e stritolando i vasetti che vi erano dentro.
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