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Aggiornato: 8 giugno 2025
Venne la crisi di Francia e l'usurpazione del dicembre, provocata dalla falsa tattica che avvertiva il nemico d'una condanna a giorno determinato, senza togliergli i mezzi di prevenirla, e accettata codardamente dai più, per cagioni ch'io vedeva da lungo tempo operare a traviare e dissolvere la parte repubblicana, e che un Manifesto del Comitato Nazionale additò agli Italiani. La rivoluzione del 1848 aveva tradito il concetto europeo, che solo poteva procurarle consecrazione e trionfo. Guidate da uomini di poco cuore, di non largo intelletto e di meschina insistente ambizione, le sétte socialistiche avevano falsato, per entro a sistemi pomposi di forme, vuoti o assurdi nella sostanza, il vasto Pensiero Sociale che appartiene ai migliori di tutta Europa. Diseredati di sintesi e di aspirazione, servi a mezzo il secolo nostro di Bentham e dei materialisti dell'ultimo secolo, i più tra i Francesi avevano, con una falsa definizione della vita, la ricerca del benessere, insegnato al paese il culto della materia e soffocato il nobile istinto di sagrificio che ispirò le più belle pagine della storia di Francia. Un'analisi dissolvente e rissosa aveva ministrato a invidie meschine di più meschino dominio e logorando ad una ad una le migliori riputazioni, aveva rotta ogni unit
Senza voler qui fare un'analisi completa delle opere di questi tre illustri italiani, ci basterá accennare rapidamente alcune cose che riguardano appunto l'importanza de' pensieri e degli argomenti, con sí giuste querele desiderata dal signor Bouterweck nella poesia italiana presa in complesso.
Io sentiva per queste il rincrescimento d'un artista che lo scalpello ha tradito. E mi volgevo alle altre, poche, tre o quattro, nelle quali v'era armonia e disposizion di forme da sostenere un'analisi, dopo aver soddisfatta la sintesi.
L'autor drammatico. Nessuno, certo, attende qui un'analisi ragionata di quell'opera complessa e varia, coronata di successi clamorosi, provocatrice di aspre battaglie, feconda di tante vive discussioni storiche e artistiche, nella quale dal dramma storico in versi, i «Pezzenti», il «Guido», l'«Agnese», dove la poesia e la fantasia predominavano e la storia non era che fondamento e facciata, Felice Cavallotti passò al grande dramma storico in prosa l'«Alcibiade» e i «Messenj» poggiato sopra una più minuta indagine del tempo e sopra un più profondo studio del vero, per trascorrere poi, con la «Sposa di Menecle», alla commedia intima di soggetto antico, e infine al moderno dramma psicologico, spingendosi fino all'idillio e al proverbio. Il cuore e la ragione insieme si ribellano oggi anche a una critica riverente. A noi basta rammentare che se neppur nel teatro non cercò nuove forme, attenendosi, come voleva la natura del suo ingegno, alla tradizione romantica, sulle traccie di Victor Hugo e dello Schiller, anche nel teatro portò il soffio della sua anima lirica, che tutto riscalda e vivifica, la santa fiamma dell'amor di patria e di libert
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