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Vedete mo che ingegno ha quel capo ameno di Felicino! Egli è giunto a sciogliere un problema, pel quale io mi vo beccando da dodici anni il cervello. Abbandonarsi all'ignoto, lasciar operare il dio Caso, ragionare co' piedi, equivale a sfuggire il tran tran della vita. L'equazione è perfetta, e un matematico non ci troverebbe nulla a ridire. Applichiamola dunque!... E prima di tutto, che cosa farò io tra dieci minuti? che bestia! cominciavo a ragionare! non debbo, non voglio sapere, che cosa farò tra dieci minuti.... Auf! che sonno! andiamo a dormire; sar

, Felicino mio; ne comprerò dieci, venti, trenta, ne riempirò tutte le camere, tutti i bugigattoli di casa; ma tutti segneranno le sei e un quarto, eternamente le sei e un quarto. Bravo! soggiunse Magnasco, sforzandosi a sorridere e non venendo a capo che di fare una smorfia. Così non ti seccheranno col loro tran tran. Certamente; tu dixisti!

A proposito del tran tran, sai tu, Felicino, che m'hai fatto un vero regalo colla tua teoria dell'ignoto, del dio Caso e del ragionare coi piedi? Senza quel tuo discorso eminentemente filosofico, io sarei andato a letto, in cambio di starmene sdraiato su questo canapè ad aspettare l'ignoto.

Io lo consulto per passatempo; egli fa a modo suo, io al mio, e andiamo d'accordo come marito e moglie. Ma tu, piuttosto, perchè non rompi il tuo, e non te lo levi dai piedi? Bravo! e la gente di servizio? Esso è in casa un arnese necessario, fatale, come la noia per me; il suo tran tran ha dato la misura al tran tran della mia esistenza.

Non è solo. E fangli far l'amor seco ogni giorno: cosa da smascellare. E, perché mai non la vede, gli dicon che 'l difetto vien c'ha poca veduta. E 'l moccicone è giá venuto a tale, in questa giostra, di cosí scarso, che gli tran canóni che ne portano il sangue. E va pensando che Pilastrino, un tratto, il peli e strini fine in su l'osso. Specchiati in quel nome. Che ti parria di questo?

Ad ogni pie' sospinto, dove non ce n'è il menomo bisogno, dove tutto è chiaro, Wecklein sovrappone o sostituisce il tran tran del suo grecuccio teutonico alla divina armonia di Eschilo, e spesso senza neppure avvertirvi della sostituzione. È uno spasimo. Se avete senso d'arte, una ribellione vi solleva le intime viscere. E nessuno dei poeti greci e latini si salvò dalle oscene manipolazioni.

In quell'orologio a pendolo. Esso ne è il simbolo parlante, esso il complice infame. Non odi? tran.... tran.... tran.... Maledetto! È lui che ci misura la vita e ce la fa mandar giù in ventiquattro pillole al giorno; è lui l'omeopatico che ci tiene a bada con sessantesimi d'ora, con sessantesimi di minuto, e ci fa morire con dosi infinitesime; è lui.... Insomma, che ti dirò? Io odio gli orologi. Giovinetto ancora, io gi