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Aggiornato: 5 maggio 2025
All'atto del 3 novembre i Pontificî erano usciti da Roma in numero di 3000 al comando del generale Kanzler, seguiti dalla brigata francese Polhès, forte di 2000 uomini, per impadronirsi di Monterotondo e cacciarne le schiere volontarie. Garibaldi doveva prender questo.
Capitò poscia in castello, furibondo e sbraciando come un'anima dannata, il maggiore Fauchion, capo di stato maggiore del generale Polhès, che rinserrò quattordici o quindici ufficiali garibaldini nella oblunga stanzuccia da letto a tramontana della custode, con intimazione di depor tosto sul tavolo alla parete tutte le armi, di cui fossimo in possesso, sotto pena in caso di rifiuto d'immediata fucilazione.
Era un maggiore, capo dello stato maggiore del generale Polhès, che le pronunciava, e il dragone mortificato come un gesuita colto in fallo e tra le risa a scherno degli artiglieri francesi tornò indietro al suo corpo.
Un proclama del comandante generale De Failly, che era stato preceduto in Roma dai generali Polhès e Dumont, fu affisso il 30 per le strade di Roma; esso era così concepito: «Romani! L'Imperatore Napoleone manda per la seconda volta in Roma un corpo di spedizione, per difendere il Santo Padre e il trono pontificio dagli attacchi delle bande rivoluzionarie. Voi ci conoscete da lungo tempo; noi compiamo soltanto una missione morale e disinteressata. Vi aiuteremo a ristabilire la tranquillit
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