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Aggiornato: 24 maggio 2025
Mi voglio appiccare domani se non è vero che ho veduto coi miei occhi Larose che saliva la scala della dimora di quel pittorello di cui non so, del resto, perchè si parli tanto, aggiunse stizzosamente. Ma siete certo che abita dove dite?
Berta, disse la marchesa, spalancate la finestra, portatemi una tazza di cioccolata, preparatemi una veste da camera e andate a dire a Larose che corra dal cavaliere di Verny e gli annunci che ho assoluto bisogno di parlargli e che lo supplico di venire all'istante.
Il biglietto era stato accuratamente piegato, un piccolo sigillo con inciso un amorino, impresso nella ceralacca odorosa, era stato applicato in un angolo, e sull'altra parte leggevasi l'indirizzo di Armando, datole dal cavaliere. Mezz'ora dopo Larose portava la risposta. La marchesa l'aprì con impazienza.
Berta, senza scomporsi, eseguì in silenzio questi molteplici comandi l'un dopo l'altro e con un'ammirabile precisione; e un quarto d'ora dopo, la marchesa, avvolta in un'ampia veste da camera rosa tutta coperta di trine, era seduta in una poltrona con una tazza di cioccolata tra le mani, illuminata dal sole ch'entrava dalle finestre, solo difese dalle cortine di seta che coprivano i vetri, e riceveva da Larose la risposta del cavaliere, il quale le prometteva di venire all'istante.
Larose, il ben noto cameriere della signora di Saint-Aubin, era stato veduto mentre saliva le scale del pittore con una lettera in mano. Dunque egli era l'amante della marchesa. Povero ragazzo! Era ben lungi dall'esserlo; ma ciò era bastato per metterlo di moda. Com'era venuto a quel ballo? Il cavaliere credendo che un po' di distrazione gli farebbe bene, l'aveva quasi costretto a venire.
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