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Aggiornato: 21 maggio 2025
Il quale, indegnissimo de' cinque predecessori, dissoluto, crudele, sfrenato, comprò la pace co' marcomanni, tiranneggiò in Roma, fecevi l'istrione, il gladiatore, l'Ercole, sui teatri pubblici, abbandonò il governo ai prefetti del pretorio ed ai liberti; e costoro, di concerto con le meretrici, l'uccisero finalmente .
Ciò fu la liberazione per don Gabriele. Il marchese lo tirava dal limbo come un tempo il Cristo ne aveva tirato il re Davide e compagnia. Don Gabriele credeva compromettere l'onore della casa di Tregle continuando a fare l'istrione. Guarì a vista. I napolitani lo rividero con gaudio far dare le batoste al frate dal marito geloso ed allo sbirro da Pulcinella. Don Gabriele però si dette un allievo, quando cominciò a rappresentare una parte politica. Ma quello allievo, ahimè! non aveva la divina scintilla dell'improvvisazione del maestro, i suoi tratti arguti e vivi, le sue risposte scintillanti. Don Gabriele se ne desolò dicendo: Mille miserie! l'arte morr
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