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Nei centri argentini vi è pletora di mano d'opera, specialmente a Buenos Aires che attraversa una crisi non indifferente, e la Guida infatti cerca in ogni pagina di persuadere l'emigrante ad internarsi nei campi, risolutamente, senza paura della distanza, e subito.

E quando è giunto sul posto l'emigrante non deve essere abbandonato dalla vigile tutela della Patria, l'osservanza dei patti deve venir controllata con i mezzi più rapidi, più serî e più discreti.

Ma l'emigrante, il quale giunge laggiù attratto dal miraggio d'una prosperit

L'emigrante che sbarca col solo patrimonio delle sue braccia è un peon. Il peon italianizzato in peone è l'essere più umile che esista. È qualche cosa meno di un uomo: è una macchina da lavoro della forza d'un uomo. Il peone fa di tutto: è facchino, manuale, spazzino. Vive alla giornata, oggi trasporta le pietre nei cantieri, domani trasporta i covoni sui campi.

L'«Hôtel de Inmigrantes» è gremito. Il lavoro di sparpagliamento di questa gente per tutta le Repubblica procede alacremente. Annesso al ricovero per gli emigrati v'è l'«Oficina de Trabajo» che riceve le domande di mano d'opera e distribuisce il lavoro; gli emigranti con le famiglie sono trasportati sul posto del lavoro a spese dello Stato. Teoricamente l'organizzazione è bella, ma il suo funzionamento è troppo spesso inumano. I lavori per i quali si richiede la mano d'opera sono ben sovente temporanei; quando sono finiti, gli operai vengono licenziati; i miseri rimangono senza risorse in mezzo ad un paese sconosciuto, soli, inascoltati, ignorati. E non possono tornare indietro; l'emigrante può viaggiare gratis su tutte le linee della Repubblica, ma solo in una direzione: avanti, verso la periferia. L'Argentina ha bisogno di dicentrare la popolazione; la legge è sapiente, ma spietata. Giunti all'interno, gli emigranti sono praticamente prigionieri del paese. Alcuni tentano il ritorno a piedi fra disagi gravi ed anche pericoli. Non sono molti giorni che una famiglia italiana di quattro persone, fra cui una bambina, è tornata a Buenos Aires da Tucuman (milleduecento chilometri) a piedi, traversando il terribile deserto delle Salinas. Inoltre l'«Oficina de Trabajo» non si cura di esaminare le capacit