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Aggiornato: 18 maggio 2025
Lunga, lunga e scialba del colore dei ceri da funerale; le mancavano due lettere dell'alfabeto, l'erre e l'esse; sputava formidabilmente ad ogni monosillabo. Era guercia. Alquanto meno lunga della madre, sembrava più piccola che non fosse perchè era grassa e paffuta come un dindo nutrito da una brava massaia per onorare il Natale.
Egli lo sapeva finalmente, e stava con fanciullesca cura a pronunziarlo, non come si fa a Genova, ma scandendolo in tre sillabe: Lu-i-sa, e sibilando un tal poco l'esse, alla maniera toscana. E' non era un nome strano, di quelli che certi capi scarichi impongono alle bambine, per dare importanza di eroine da romanzo o da dramma alle loro creature grame.
E la tosse gli troncava in gola l'epica descrizione. L'Accademia aveva discusso se la parola ciuri, fiore, dovesse scriversi all'antica, xiuri con l'x e l'i, o sciuri con l'esse e l'i, o ciuri con la ci e l'i!"¹ ¹ La Sicilia nei canti popolari e nella novellistica contemporanea. Conferenza. Bologna, Zanichelli, 1894.
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