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Aggiornato: 22 maggio 2025
Un giorno, da Evian, l'aveva guidata a una cappella dove celebravano una festa che chiamava a torme i credenti dai luoghi più lontani: anche egli aveva chinato la dubitosa fronte come tutti quegli umili, come lei; ma non soltanto per seguire l'esempio della fedele, per nascondere a un tempo il pianto che lo accecava. Un'altra volta, sulla montagna, ella erasi fermata dinanzi a una cappelletta alla porta tarlata della quale stava infissa la grossa chiave rugginosa; con la debole mano bianca cercava di schiudere quella porta, inutilmente. Egli stesso l'aprì, e nell'atto che schiudeva alla pia il varco del sacro luogo, egli pensava come grande fosse la secreta forza di quella debolezza apparente: quando la povera mano s'era stancata invano e pareva aver dovuto rinunziare all'intento, il muscoloso braccio era stato spinto a vincere per lei l'ostacolo. E allora egli aveva sentito struggersi dal bisogno di baciare quella mano addolorata, di baciarla devotamente sul dorso, di baciarla avidamente sulla palma; dal bisogno di sentirsi imporre la miracolosa mano sulla fronte infiammata. Non era la dolce mano soccorrevole e salutare? Non l'aveva egli vista un giorno medicare pietosamente un ferito, un infermo della cui insania morale tutti ridevano e che ella sola commiserava? Quell'uomo era caduto, grondava sangue; e alla vista del suo sangue, all'udire le sue parole più scomposte del consueto, le risa crudeli crescevano; ella sola, come una suora, aveva saputo medicarlo e guarirlo. La sua mano era soave ed agile, pronta e destra all'ufficio di carit
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