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Aggiornato: 2 maggio 2025


Messo in sella dal suo ufficiale, disse ancora una volta: La pace sia con voi! e partì di galoppo, seguito dal suo piccolo stato maggiore incappucciato. Quella stessa sera vennero parecchi malati a cercare il dottore, il quale col dracomanno Salomone e un drappello di soldati era partito poco prima, per la via d'Alkazar, alla volta di Tangeri.

Ah! chi non ha visto la banda d'Alkazar, quei dieci sonatori di piffero e di corno, vecchi di cent'anni e ragazzi di dieci, tutti a cavallo ad asinelli grossi come cani, cenciosi, mezzi nudi, con quelle teste rase, con quegli atteggiamenti di satiri, con quelle faccie di mummie, non ha visto, credo, lo spettacolo più lagrimevolmente comico che si possa dare sotto la volta del cielo.

Il nero era una specie di fattore del vecchio gran sceriffo Bacali, uno dei più potenti personaggi della corte di Fez, proprietario di molte terre nei dintorni d'Alkazar. L'arabo era un uomo della campagna. La loro lite durava da un pezzo. Il nero, forte della protezione del suo padrone, aveva fatto più volte incarcerare e multare l'arabo accusandolo, e sostenendo l'accusa con molte testimonianze, d'avergli rubato cavalli, bestie bovine, derrate. L'arabo, che si diceva innocente, non trovando nessuno che osasse pigliar le sue difese contro il suo persecutore, un bel giorno aveva abbandonato il suo villaggio, era andato a Tangeri, aveva chiesto quale fosse l'Ambasciatore più generoso e più giusto, e inteso nominare l'Ambasciatore d'Italia, era andato a sgozzare un agnello davanti alla porta della Legazione, chiedendo in questa forma sacra a cui non si può opporre un rifiuto, protezione e giustizia. L'Ambasciatore l'aveva esaudito, s'era intromesso per mezzo dell'agente di Laracce, s'era rivolto alle autorit

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