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Aggiornato: 1 maggio 2025


Il giorno istesso in cui doveva, in seno al governo, discutersi il malaugurato decreto della fusione, comparve inaspettato nella mia stanza Cesare Correnti, seguito da Anselmo Guerrieri, e mi parlò, com'uomo che v'intravvede rovina, della proposta. Dissi a lui e al Guerrieri ciò ch'io avea detto poche ore prima a un altro membro del governo, Durini, che m'aveva inutilmente tentato perch'io aderissi. La fusione subitamente richiesta e con aperta violazione dei patti, dal re era indizio certo ch'ei sentiva le sorti della guerra corrergli avverse e premeditava ritrarsi, ma con un documento di signoria da dissotterrarsi quando che fosse in futuro. L'adesione intanto persuaderebbe la Lombardia del contrario e infondendole più sempre fede nella determinazione del re, l'addormenterebbe a stimarsi secura e difesa quando appunto importava risuscitarne l'energia e prepararla a salvarsi da . Le promesse tradite irriterebbero i partiti che si erano persuasi per amor di patria a tacere. L'ingrandimento della monarchia di Savoja, non più sospetto ma fatto, darebbe a tutti gli altri principi d'Italia il pretesto, da lungo cercato, per separarsi da una guerra senza speranza per essi. Il re, soddisfatto d'avere conquistato un diritto alle terre lombarde, si rassegnerebbe più facilmente a differirne l'attuazione e cedere per allora il campo all'Austriaco. La Lombardia, non più alleata ma suddita, perderebbe ogni opportunit

L'odio all'Austriaco e il desiderio d'emancipazione v'erano universali; ma quanto ai modi, alle speranze, al tempo, le opinioni variavano. V'erano i millenari della fazione regia, beati di calcoli innocenti sulla venuta del messia di Piemonte: pochi e nulli; invisi al popolo, che serba vive le memorie del 1848.

E fuori di Lombardia, per tutto dove suona lingua del , era fermento, fremito di crociata. L'insurrezione di Milano avea suonato la campana a stormo dell'insurrezione italiana. Alle prime nuove del moto in Modena, s'affrettavano 2000 guardie civiche da Bologna, 1200 e 300 uomini della linea da Livorno, e guardie civiche e studenti armati da Pisa, e civici e volontarî da Firenze ; e pochi dopo, a evitare l'estrema rovina , il gran duca era costrette egli pure a intimar guerra all'Austriaco. In Roma, date alle fiamme dal popolo, dai civici e dai carabinieri commisti le insegne dell'Austria, e sostituita sulla residenza dell'ambasciata la leggenda: PALAZZO DELLA DIETA ITALIANA , s'adunavano, benedetti da sacerdoti, volontarî, s'aprivano sottoscrizioni ad armarli e avviarli: il 24 marzo, molti avevano gi

Due anni prima, la missione degli influenti nel Partito poteva essere diversa. Viveva abbastanza diffuso, conseguenza naturale d'una oppressione stolta e feroce ad un tempo, l'abborrimento all'austriaco, ma localmente, senza vincolo, senza simbolo, senza speranza comune. La nazione era aspirazione di menti e d'anime elette, non fede di moltitudini. Mancava al popolo d'Italia, non l'istinto, il desiderio del meglio, ma la conoscenza della propria forza. Quando noi, repubblicani, dicevamo ai giovani lombardi del ceto medio o patrizio: «Voi avete bisogno del popolo; ma questo popolo non l'avrete se non osando, creando in esso, col fascino della fede incarnata in voi stessi, l'opinione della propria potenzacrollavano, increduli, il capo; e disperavano, pochi mesi, pochi giorni prima della insurrezione lombarda, di trascinare sul campo d'azione le moltitudini. I fatti soli potevano convincerli; e quei fatti dovevano escire, non dalla volont

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