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Aggiornato: 20 maggio 2025
Il moto italiano assumeva più sempre di giorno in giorno il carattere nazionale che ne costituisce l'intima vita. Il grido Viva l'Italia suonava nell'estrema Sicilia; fremeva in ogni manifestazione di scontento locale: conchiudeva, come il delenda Carthago di Catone, ogni discorso politico. Altrove, le moltitudini s'agitavano, insofferenti di miseria o d'ineguaglianza, in cerca d'un nuovo assetto di cose, sociale o politico: in Italia, vanto unico e speranza potente di grandi cose future, sorgevano o anelavano sorgere per una idea: cercavan la patria, guardavano all'Alpi. La libert
«. . . . . . . . Il suo scopo, signori, è quello che fu annunziato o preveduto da tutti i grandi italiani, da Arnaldo da Brescia fino a Machiavelli, da Dante fino a Napoleone, che appartiene a voi come a noi: l'unificazione politica della penisola; l'emancipazione dal mare all'Alpi di questo suolo dal quale esciva due volte la parola d'ordine dell'unit
L'insurrezione finisce quando la rivoluzione comincia. La prima è guerra, la seconda manifestazione pacifica. L'insurrezione e la rivoluzione devono dunque governarsi con leggi e norme diverse. A un potere concentrato in pochi uomini scelti dal popolo insorto per opinione di virtù, d'ingegno, di provata energia, spetta sciogliere il mandato dell'insurrezione e vincer la lotta: al solo popolo, ai soli eletti da lui, spetta il governo della rivoluzione. Tutto è provvisorio nel primo periodo: affrancato il paese dal mare all'Alpi, la COSTITUENTE NAZIONALE raccolta in ROMA, metropoli e citt
E v'era peggio. Mentre da noi si diceva: soccorrete ai volontarî; animateli: cacciateli all'Alpi, la perdita dei volontarî, repubblicani i più, era giurata: giurata fin dagli ultimi giorni di marzo quando Teodoro Lecchi fu assunto al comando del futuro esercito. Erano lasciati senz'armi, senza vestiario, senza danaro; fortemente accusati ogni qual volta la necessit
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