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Aggiornato: 14 maggio 2025
In fatto di politica straniera, agli occhi del conte di Cavour, aspettare gli è riuscire. Nella politica interna tutte le forze governative debbono convergere ad assimilare, ad unificare. Quest'opera non s'improvvisa, sopra tutto non si precipita, senza di che non si farebbe mica un edifizio, ma un rappezzato. Dunque? attendere! Ecco la parola d'ordine del Governo italiano.
Non c'era ancora l'uomo, che condensasse in un'idea concreta le vaporose speranze dei napoleonidi; il terrore della borghesia davanti agli orrori delle guerre dell'impero seguitava tuttora a essere più forte del culto fantastico per l'eroe; la Francia credevo ancora in un avvenire parlamentare. I Bonaparte davano nel vuoto; e proprio allora i preti e gli emigrati s'impadronivano di re Carlo e spingevano la borghesia alla giusta difesa. Principiò un governo rivoluzionario. Il quale si vantava, e con lui i seguaci, di unificare in sé le grandi memorie del paese tendenti a disperdersi. Si giudicarono maturi gli ultimi frutti della Rivoluzione, e l'esperienza di pochi anni insegnò, che l'aristocrazia del danaro sfruttava a proprio vantaggio l'immutabile stato burocratico napoleonico con tutta la grossolanit
Ma per questo, per compiere la missione che Dio v'affida, vi sono necessarie due cose: esser credente e unificare l'Italia. Senza la prima cadrete a mezzo la via, abbandonato da Dio e dagli uomini; senza la seconda, non avrete la leva colla quale soltanto potete operare grandi, sante e durevoli cose.
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