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Aggiornato: 2 maggio 2025
Più seguito ebbe la condotta dello stesso pretendente. Non lasciò correre un istante, che non profittasse dell'ora favorevole: per cinque volte in cinque mesi diede con lettere pubbliche notizia di sé alla nazione. E nel febbraio apparve a Parigi «per mettersi al servizio della sua patria». Nella lettera al governo provvisorio viene espressa l'esatta concezione bonapartistica della rivoluzione di febbraio: egli ammira il popolo di Parigi il quale «ha eroicamente cancellato le ultime tracce dell'invasione straniera». Accolto dal governo con diffidenza, ritornò subito a Londra, dopo aver dichiarato con un'altra lettera ai governanti: «Dal mio sacrifizio riconosceranno la purezza delle mie intenzioni». Nelle elezioni dell'assemblea nazionale nel giugno, il nome del principe sortì in quattro dipartimenti, anche a Parigi, mentre vigeva tuttora a suo danno la legge di proscrizione. Il governo propose che fosse mantenuta. Ma siccome i radicali, con a capo Jules Favre, espressero la fiducia, che i Bonaparte non potevano più in nessun modo riuscire né ora né poi pericolosi alla repubblica, si decise per la riammissione del principe. Una tale cecit
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