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Aggiornato: 18 maggio 2025
Mostro! cane! assassino! urlò il Rota a quella vista se tu osi toccare anche una volta quella povera bestia, io ti mando all'inferno con due palle di piombo nel cervello! Così parlando, il Rota aveva tratto un revolver e lo aveva appuntato contro l'aguzzino, pronto a vibrare il suo colpo se quegli avesse osato reagire.
La segreta, ove avevano immerso Don Diego, era a cinque o sei metri al di sotto del livello del suolo, praticata in un gomito che faceva la cloaca collettrice di tutte le sentine dello stabilimento. L'aguzzino ed il prigioniero discendevano, mediante una scala mobile, in un corridoio stretto, che corre lungo le segrete scavate nel muro delle fondamenta ove sono le porte. Un piccolo abbaino a cancello di ferro tagliato sulla porta dava aria alla muda. Di luce, non era proposito: le tenebre eterne vi regnavano come sulla pelle del negro. Il prigioniero non vi poteva restare nè in piedi nè coricato: in piedi, egli avrebbe potuto considerarsi ancora come un uomo: coricato, egli vi avrebbe forse trovato la ridente illusione del sepolcro. Un'infiltrazione perpetua di un liquido nero, glutinoso, che avrebbe asfissiato il faro del Molo, sgocciolava lentamente, colla regolarit
Bene andava egli mattina e sera col paggio del Picchiasodo ad attinger acqua in un pozzo, che era in una certa forra a tramontana, poco lunge dello steccato. Ma egli lavorava, e il paggio colla balestra stava a fargli la guardia, come fa l'aguzzino alla ciurma.
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