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Aggiornato: 25 maggio 2025
Quando Giuliano prese in mano le redini dell’impero, egli trovava questa situazione di cose, una pace imposta sulla base dell’opportunismo. Era chiaro che questa pace non aveva la condizione della durata. Ma Giuliano, nell’interesse della sua causa, ne precipitò la rottura. Egli, come vedremo meglio a suo luogo, dichiarava di essere affatto estraneo ai partiti ed alle dispute teologiche dei Cristiani, e permetteva, quindi, il ritorno nelle loro sedi ai vescovi esigliati da Costanzo, che erano, appunto, i malcontenti e dell’una parte e dell’altra. Le previsioni di Giuliano si avverarono; la ricomparsa di quegli uomini battaglieri sulla scena teologica riaccese le discordie e le dispute. Ma non ne venne la conseguenza ch’egli aveva sperata, cioè, lo sfacelo dell’odiato Cristianesimo. Atanasio, ritornato ad Alessandria, per esserne ricacciato da Giuliano col solo atto di aperta intolleranza di cui siasi macchiato, risollevava tosto, con la sua indomabile energia e col suo spirito agitatore, il suo partito, e riponeva in difficili condizioni il vittorioso Arianesimo. Durante i tre anni passati in esiglio, il vecchio difensore dell’ortodossia nicena, sebbene lontano dal campo di battaglia, aveva partecipato alle emozioni della lotta, e con una serie di scritti ardenti, dogmatici, storici, apologetici, aveva tenuto alto il coraggio degli amici e ricordato ai nemici ch’egli ancor viveva. Gi
Il partito che aveva dominato alla corte di Costanzo non era quello dell’Arianesimo puro, ma, bensì, di un Arianesimo opportunista, il quale non ammetteva la consostanzialit
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