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Quella, come mossa dalla divina vendetta, sdegna ogni altro nemico e si scaglia su Terone, lo lascia che dopo di avergli tolto e ardimento e vita. Dismessa poi la ferocia, anch'essa, la fiera, viene ad offrirsi da a' colpi de' cacciatori, e cade morta.

E per ispaventare gli scapestrati, reca in mezzo la mala ventura di un certo Terone, ch'egli stesso, il poeta, dice d'aver conosciuto. Terone, mentre viveva giovinetto lungo la riva del nativo Tagliamento, era gran cacciatore e persona divota; e Dio l'aveva scampato sempre d'ogni pericolo. Fatto adulto, viaggiò tutta la Germania e v'imparò altri costumi.

La caccia ha principio: la belva si appiatta in un pantano; è scoperta; i cacciatori le sono addosso. Ma impaurito si arretra ognuno. Solo a Terone il cuore non batte di paura. Egli bestemmia la viltá de' compagni, bestemmia la lor divozione, bestemmia Dio; e si avventa alla fiera.

Tornò a casa, e non usò piú a messe a chiese. Un cignale orribile metteva a guasto ed a spavento la campagna d'Aquilea: però una caccia generale fu bandita per tal domenica. Infinite genti v'intervennero, e Terone anch'egli, come il feritore piú certo. La comitiva si recò sull'alba al tempio e non n'uscí che benedetta dal sacerdote. Terone solo si rimase, schernendo il rito.