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Io ch’era d’ubidir disideroso, non gliel celai, ma tutto gliel’ apersi; ond’ ei levò le ciglia un poco in suso; poi disse: «Fieramente furo avversi a me e a miei primi e a mia parte, che per due fïate li dispersi». «S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogne parte», rispuos’ io lui, «l’una e l’altra fïata; ma i vostri non appreser ben quell’ arte».

Io ch'era d'ubidir disideroso, non gliel celai, ma tutto gliel'apersi; ond'ei levo` le ciglia un poco in suso; poi disse: <<Fieramente furo avversi a me e a miei primi e a mia parte, si` che per due fiate li dispersi>>. <<S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte>>, rispuos'io lui, <<l'una e l'altra fiata; ma i vostri non appreser ben quell'arte>>.

E questo prende l'autore da ciò che Virgilio scrive nel sesto dell'Eneida, nel qual dice che, essendo Enea, poi che di Cicilia si partí, pervenuto nel seno di Baia, e quivi in assai tranquillo mare, dando per avventura riposo a' suoi compagni, e disideroso di sapere quello che di questa sua peregrinazione gli dovesse avvenire; essendo andato al lago d'Averno, dove avea udito essere l'oraculo della sibilla cumana ed essa altresí, la pregò che in inferno il menasse al padre; e, dietro alla sua guida, vivo e con l'arme discese: e, per quello passando, pervenne ne' campi Elisi, dove quegli, che in istato di beatitudine, erano secondo l'antico errore.

Io ch’era d’ubidir disideroso, non gliel celai, ma tutto gliel’ apersi; ond’ ei levò le ciglia un poco in suso; poi disse: «Fieramente furo avversi a me e a miei primi e a mia parte, che per due fïate li dispersi». «S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogne parte», rispuos’ io lui, «l’una e l’altra fïata; ma i vostri non appreser ben quell’ arte».

Io ch'era d'ubidir disideroso, non gliel celai, ma tutto gliel'apersi; ond'ei levo` le ciglia un poco in suso; poi disse: <<Fieramente furo avversi a me e a miei primi e a mia parte, si` che per due fiate li dispersi>>. <<S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte>>, rispuos'io lui, <<l'una e l'altra fiata; ma i vostri non appreser ben quell'arte>>.

Dicono adunque questi cotali: Secondo che ciascun ragiona, Dante fu litteratissimo uomo, e se egli fu litterato, come si dispuose egli a comporre tanta opera e cosí laudevole, come questa è, in volgare? A' quali mi pare si possa cosí rispondere: Certa cosa è che Dante fu eruditissimo uomo, e massimamente in poesia, e disideroso di fama, come generalmente siam tutti.

La cui semplicitá considerando messer Benedetto Gatano cardinale, uomo avvedutissimo e di grande animo e disideroso del papato, astutamente operando, gl'incominciò a mostrare che esso in pregiudicio dell'anima sua tenea tanto oficio, poiché a ciò sofficiente non si sentía.