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Aggiornato: 4 maggio 2025


Era pure in tale giorno, unico nell’anno, che il Sommo sacerdote entrava nel Debìr o santo dei santi a bruciare l’incenso innanzi all’Arca santa. Era pure in questo giorno che, come dicemmo, ad ogni sette ebdómade d’anni si annunziava l’anno del giubileo, facendo passare lo suono dello sciofar in tutto il paese.

Il Tempio era diviso in due parti. La parte anteriore ricevette il nome di Hechal (palazzo) e la parte posteriore ricevette il nome di Debir (Tempio) o Kodesc akodascim (santo dei santi). Quest’ultima parte di forma cubica situata all’occidente, misurava la terza parte dello spazio compreso dal Tempio. Per tutto il tempo che durarono i lavori, 7 anni, non si sentì a battere martello chiodo entro il Tempio (nel § delle Arti se ne trover

L’entrata del Debir era chiusa da una porta a due battenti e fatta di legno d’olivo selvaggio, scolpita ed indorata come l’intonaco dei muri. Una porta uguale chiudeva l’entrata dell’Hechal però in questa i soli battenti erano di legno d’olivo: le tavole erano di legno di cipresso e ciascuna banda era formata di due pezzi che si ripiegavano e si volgevano sopra arpioni d’oro massiccio.

Entro al Debir non v’era altra cosa all’infuori dell’Arca santa, che probabilmente poggiava sovra un piedistallo, e nella quale stavano racchiuse le tavole della Legge. Due cherubini di legno d’olivo selvaggio coperti d’oro, venivano a congiungersi nel mezzo dell’Arca partendo dalle due sue estremit

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